agricoltura

Grano duro, scorte mondiali ai minimi: il prezzo è destinato a salire

di Michelangelo Borrillo

Grano duro, scorte mondiali ai minimi: il prezzo è destinato a salire

Le scorte mondiali sono ai minimi degli ultimi dieci anni e, secondo le stime, saranno ancora in calo del 27% anche nel corso della prossima campagna. Per il futuro prossimo del grano duro si prevedono, quindi, ancora prezzi in ascesa dopo l’incremento registrato durante il lockdown, da 24 a 31 euro al quintale. Considerato che prima del lockdown i prezzi erano già superiori del 25% rispetto all’anno scorso, sembra alle spalle, quindi, il periodo di prezzi in calo che ha toccato il suo punto più basso , negli ultimi anni, nel 2016.

Le previsioni emergono dal Durum Days 2020, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della prossima campagna produttiva e che ha visto in questa quinta edizione confrontarsi via web Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food, con la partnership tecnica di Areté, con la collaborazione del Crea e con la partecipazione in veste di sponsor di Syngenta-Psb. Una filiera, quella del grano duro e della pasta, che è riuscita durante l’emergenza Covid-19 a rispondere all’improvviso picco di domanda garantendo costantemente le forniture sul canale distribuzione, pur trovandosi a fronteggiare difficoltà logistiche e un aumento complessivo dei costi di produzione. Sforzo che non mette però al riparo da tensioni, visto che le scorte di grano duro a livello mondiale continuano a calare, il prezzo è da mesi in rialzo e sulla qualità della prossima campagna produttiva incombono non poche preoccupazioni.

Lo scenario, comunque, non è facile ed è assai imprevedibile, considerati i diversi fattori che possono modificarlo. Sul fronte della domanda, accanto all’azzeramento del canale della ristorazione, la grande distribuzione tra marzo ed aprile ha visto crescere i consumi di pasta del 24%. I picchi di aumento dei consumi (fino a oltre il +40%) registrati a marzo si sono però altrettanto repentinamente contratti fino ad attestarsi, già a partire da fine aprile, a cali fino al 10% rispetto alla stessa settimana dell’anno precedente. Quando la domanda è schizzata in alto, la filiera industriale si è subito messa in moto a ritmi sostenuti. La produzione di semola nei due mesi di lockdown ha avuto una crescita a due cifre (+15%), mentre molti pastifici, in alcune settimane, hanno raggiunto ritmi di produzione superiori al 100% della loro capacità, ottenuti attraverso una rimodulazione dei turni e una riduzione dei formati lavorati. L’introduzione delle procedure per garantire la sicurezza dei lavoratori e delle produzioni, nel rispetto delle indicazioni del governo, ha comportato — secondo quanto evidenziato dai protagonisti della filiera del grano — strozzature e rallentamenti logistici lungo tutta la filiera, con un conseguente aumento generale dei costi di produzione.

La considerazione che se ne trae sul versante italiano è che nonostante il leggero aumento delle superfici seminate in Italia rispetto alla campagna precedente (+6% che, a parità di rese, daranno un analogo incremento produttivo), anche per la prossima campagna il mercato rimane scarsamente approvvigionato. Con una preoccupazione in più, quella per la qualità del prossimo raccolto, per via della prolungata siccità. Ciò in uno scenario che vede crescere in Italia la richiesta di frumento di qualità e di origine italiana, in linea con l’attenzione crescente da parte dei consumatori verso la provenienza della materia prima e verso prodotti di qualità, di formati speciali e con più alto contenuto proteico. Per avere più pasta made in Italy non si può prescindere dall’avere anche più grano made in Italy.

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