È morto negli Stati Uniti l’economista e docente dell’Università di Harvard, Alberto Alesina. Aveva 63 anni e, secondo le prime ricostruzioni, ha avuto un attacco cardiaco durante una passeggiata in montagna. Era uno degli economisti italiani più prestigiosi, volto noto anche al grande pubblico televisivo ed editorialista autorevole sulla stampa, in particolare sul Sole 24 ore ed il Corriere della Sera. È stato uno dei massimi esperti di politica economica e tra i pochi italiani ad essere indicato negli ultimi anni come possibile vincitore del premio Nobel per l’economia.

Il primo a dare la notizia su Twitter è stato David Wessel, direttore del Centro Hutchin sulla politica fiscale e monetaria, che ha precisato di essere stato informato un altro economista David Cutler. La morte di Alesina è stata confermata dall’Istituto Bruno Leoni. Poco dopo è arrivato anche l’omaggio del commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni: “Ricordo Alberto Alesina”, ha scritto su Twitter. “I suoi studi e le sue idee hanno arricchito il nostro dibattito economico”.

Alesina, nato a Broni, in provincia di Pavia, il 29 aprile 1957, è stato professore di economia all’università di Harvard, dove ha anche diretto il dipartimento economico dal 2003 al 2006, visiting professor all’università Bocconi di Milano, dove si era laureato nel 1981, ha collaborato con lavoce.info, testata online guidata da Tito Boeri. Sostenitore di una austerità cosiddetta espansiva per affrontare i periodi di emergenza e a sostegno della crescita che punti cioè più sui tagli selettivi della spesa che sull’aumento delle tasse, ha indicato la via da seguire più nelle grandi riforme e liberalizzazioni piuttosto che col ricorso prioritario all’investimento per le grandi opere.

Durante la crisi del debito sovrano aveva criticato prima la gestione europea della Grecia, spiegando come l’austerity con tagli alle spese sia meglio di quella realizzata con un aumento delle tasse perché costa meno in termini di recessione. Ed aveva successivamente espresso dubbi sulla “infatuazione” che c’è in Italia per le grandi opere, a suo dire “spropositata” considerando il rapporto costi-benefici.

Insieme all’economista e amico Francesco Giavazzi aveva espresso durante la crisi dello spread in Italia un decalogo per sostenere l’economia, attraverso lo sblocco del mercato del lavoro con l’introduzione di contratti unici, la sostituzione della cassa integrazione con sussidi di disoccupazione temporanei. Maggiore libertà per imprenditori e lavoratori di fare, se d’accordo, scelte a livello aziendale. Gli economisti suggerivano, come ricetta per quella particolare situazione di crisi, salari del settore pubblico diversi da Regione a Regione a seconda del costo della vita, agevolare l’occupazione femminile, una riforma equa delle pensioni di anzianità e della giustizia civile. L’eliminazione di alcuni privilegi garantiti agli ordini professionali, allargare la base imponibile riducendo l’evasione per poter abbassare le aliquote.

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