fase 2

Aumento prezzi, negli scontrini spunta la tassa Covid da 2 a 4 euro

Il Codacons denuncia aumenti medi del 25% per taglio capelli o messa in piega. Con in più quella che è stata ribattezzata la “tassa Covid”. Un surplus, con tanto di voce a parte sullo scontrino, per le spese di sanificazione e messa in sicurezza

di Andrea Gagliardi

Fase2, a Milano riaprono parrucchieri: severe misure di sicurezza

3' di lettura

File davanti alle vetrine, ciocche sui pavimenti dei saloni, gazebo aperti. Gli italiani hanno ormai iniziato a fare capolino nei negozi, dai parrucchieri, dagli estetisti e nei bar. Ma la 'fase 2' dei commercianti riparte con il freno a mano della crisi economica, tra aumento dei prezzi e difficoltà organizzative. Il Codacons denuncia aumenti medi del 25% per taglio capelli o messa in piega. Con in più quella che è stata ribattezzata la “tassa Covid”.

Un surplus da due a quattro euro, con tanto di voce a parte sullo scontrino (per le spese di sanificazione e messa in sicurezza del locale) come testimoniano i due scontrini allegati, rilasciati uno da un parrucchiere per donna e l’altro da un centro estetico. Non solo. Sempre al Codacons arrivano segnalazioni di estetisti che impongono, per l’emergenza Covid, «kit obbligatori da indossare con costo extra di 10 euro a carico del cliente».

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Tassa di sanificazione
Il ricorso alla tassa Covid è riscontrato e denunciata anche dall’Unione nazionale consumatori. «Si tratta di una sorta di tassa di sanificazione applicata da parrucchieri, estetisti e alcuni dentisti - spiega il presidente Massimiliano Dona -, una prassi scorretta che si sottrae forse anche da un punto di vista fiscale alla somma dovuta al consumatore».

Rincari per messa in piega e taglio
«Stiamo ricevendo decine di segnalazioni sugli incrementi dei listini dei parrucchieri» spiega ancora il Codacons, che in base ai costi medi nelle grandi città, ha calcolato come il prezzo di un taglio passi da una media di 20 a 25 euro (+25%), ma con punte di incremento che arrivano al +66%. Sembrano rientrati invece gli aumenti segnalati inizialmente del prezzo del caffè al bar, con casi di espresso a 2 euro a Milano e di 1 euro e 50 a Roma.

Confestetica: solo l'1,56% dei centri estetici ha applicato la tassa
Per i diretti interessati la tassa Covid sarebbe applicata però solo da una minima parte di imprenditori del settore. È quanto sottolinea Confestetica, l’associazione nazionale maggiormente rappresentativa dei centri estetici, che «contesta in radice l'infondatezza di quanto affermato da Codacons circa il contributo Covid-19» nei centri estetici italiani. Secondo l'associazione, su un campione  di 1.601 centri estetici italiani interpellati, l'85,94% hanno risposto di non aver aumentato i prezzi e di non aver applicato nessun contributo Covid-19, il 12,49% dei centri estetici hanno aumentato i prezzi e solo l'1,56% dei centri estetici ha applicato la discussa tassa.

La replica del Codacons
«Non abbiamo mai affermato che la totalità dei centri estetici la applica - replica il Codacons - ma sono giunte alla nostra associazione decine e decine di segnalazioni tutte inerenti la tassa covid applicata soprattutto da parrucchieri e centri estetici. Non importa che siano il 5% il 2% o il 20% degli esercenti: se anche fossero poche mele marce si tratta di un comportamento che il Codacons ha il dovere di denunciare. E i rappresentanti di categoria dovrebbero ringraziarci per avergli fatto scoprire una prassi assolutamente illegale».

Le regole per parrucchieri ed estetisti
Va ricordato che in base alle linee guida per le riaperture approvate dalla conferenza delle regioni e recepite dal governo nell’ultimo Dpcm con le nuove regole sulla Fase 2 sono previste misure di sicurezza molto “stringenti” per gli esercizi commerciali. In particolare i parrucchieri possono lavorare solo su prenotazione e devono assicurare un metro di separazione sia tra le singole postazioni di lavoro, sia tra i clienti. Per operatore e cliente c'è l'obbligo di indossare la mascherina. Per gli estetisti/e si aggiunge l’obbligo di visiera protettiva e mascherina FFP2 senza valvola. Obbligatoria l’igienizzazione delle postazioni di lavoro dopo ogni cliente. Va assicurata le regolare pulizia e disinfezione dei servizi igienici.

Il credito d’imposta per le attività di sanificazione
Ma va ricordato che il decreto Rilancio riconosce, tra l’altro, ai soggetti «esercenti attività d'impresa, arte o professione» un credito d'imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 (fino a un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario) per le attività di sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l'attività lavorativa e degli strumenti utilizzati. Tra le spese consentite: l'acquisto di dispositivi di protezione individuale, come mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione; di prodotti detergenti e disinfettanti; di termometri e termoscanner, di dispostivi per garantire la distanza di sicurezza interpersonale, come barriere e pannelli protettivi, comprese le eventuali spese di installazione.

Previsto anche un credito d'imposta, sempre in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 (per un massimo di 80.000 euro) per gli interventi, anche edilizi, di adeguamento degli ambienti di lavoro alle prescrizioni di messa in sicurezza. E un credito d'imposta nella misura del 60 per cento «dell'ammontare mensile del canone di locazione» per gli esercenti con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro.

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