Willem Dafoe: «Quel maggio italiano del 1981 che non dimenticherò mai»

Tra i personaggi chiamati da Sorrentino a celebrare l'Italia in questo numero c'è anche l'attore, che ricorda il suo primo viaggio nella nostro paese, nel maggio 1981, segnato da un avvenimento che è entrato nella storia
Willem Dafoe «Quel maggio italiano del 1981 che non dimenticherò mai»

Questo articolo fa parte di una serie di lettere d’amore all’Italia, scritte da grandi attori e registi. È stato pubblicato sul numero speciale 20/21 di Vanity Fair diretto da Paolo Sorrentino, in edicola fino al 2 giugno 2020

L’Italia è stato uno degli ultimi Paesi in Europa che ho visitato quando ero giovane, il che è ironico visto che ora è il posto dove mi sento più felice e che chiamo «casa». Dopo esserci esibiti in Francia con The Wooster Group - la mia compagnia teatrale di New York - due colleghi e io affittammo una macchina e ci dirigemmo verso l’Italia. Uno era un italo-americano seminarista, ex Berretto verde, che amava l’arte italiana, l’altro aveva studiato arti visive e aveva una passione particolare per Giotto.

Attraversammo le Alpi svizzere lungo il passo del San Bernardino. Fu un viaggio molto bello, e mi ricordo che dall’autoradio usciva musica organistica a tutto volume. Penso che il compositore fosse Frescobaldi… Ma anche se mi sbagliassi, ricordo ancora oggi la melodia.

Il nostro itinerario era dettato dal seguire la pista delle opere di Giotto. Fu l'inizio del mio risveglio verso l'arte e la storia italiana. Dopo aver visitato la cappella degli Scrovegni a Padova, viaggiammo giù verso Firenze, fermandoci a Ferrara per un caffè.

Entrai nel bar ed era pieno di gente che urlava, piangeva a dirotto. Non conoscevo per niente la lingua ma, presto, qualcuno disse in inglese con un forte accento italiano: «Il papa… Gli hanno sparato…». Era il 13 maggio 1981.

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