Sei già abbonato? Accedi
Hai scelto di non dare il consenso alla profilazione pubblicitaria e del contenuto e di aderire all’offerta economica equivalente.
Accesso Consentless

Naviga il sito di Iodonna.it, Amica.it, Oggi.it, Living.corriere.it, Viaggi.corriere.it, Abitare.it e Style.corriere.it rifiutando tutti i cookie di profilazione ad eccezione di quelli tecnici necessari.

Hai cambiato idea e preferisci dare il consenso?1

Naviga il sito di iodonna.it con pubblicità profilata e senza abbonarti

Bob Krieger, il fotografo elegante: i miei ricordi del testimone di un’epoca

È sempre stato bello, Bob Krieger, e così lo voglio ricordare anche adesso che di questo grande fotografo, appena scomparso, si parla soprattutto della sua arte. Era bello insomma, nitido, elegante in quelle sue camicie a righine azzurre che ne esaltavano i colori nordici, ereditati dal padre prussiano. Mentre dalla madre, napoletana che parlava soltanto francese e pronipote di quel Giuseppe Cammarano i cui affreschi si trovano nella Reggia di Caserta e al Teatro San Carlo, aveva preso l’accento brillante d’Oltralpe.

Era un uomo che non passava inosservato anche per quel suo comportamento così insolito che mescolava la discrezione alla disinvoltura, facendolo sempre apparire a proprio agio.

L’esordio come fotografo di moda

Il primo lavoro importante che gli fu proposto, nel 1969, lo racconta come il fermoimmagine di un film. Era in via Monte Napoleone a Milano, a bordo di una Mercedes bianca cabriolet e pescava marron glacé da un vassoio. Si fermò a salutarlo Beppe Modenese, uno degli artefici del sistema moda italiano, che lo aveva già conosciuto a Parigi, e dopo qualche parola gli propose di realizzare un servizio fotografica di trenta pagine per Mila Schön.

Si erano parlati, mi raccontò poi, in francese seguendo le abitudini cosmopolite apprese ad Alessandria d’Egitto dove era nato e cresciuto, tra la madre che si definiva “frutto delle due Sicilie”, il padre che sentendo di appartenere al Sacro Romano Impero parlava inglese, mentre Bob si riteneva macedone perché Alessandro Magno veniva dalla Macedonia. «In realtà eravamo apolidi e Milano mi ha dato le radici». Quella Milano in cui era arrivato per la prima volta nel 1952 per andare a trovare la zia Nelly, modista di lusso per le signore dell’alta borghesia e della quale, sessant’anni dopo, conservava ancora una foto scattata insieme in piazza Duomo.

Quelle valigie in Piazza San Babila

Non mi è mai sembrato un caso se il primo ricordo che ho di Bob Krieger è legato a una montagna di valigie Vuitton ammucchiate sul marciapiede al posteggio dei taxi di piazza San Babila, nel gran caldo di giugno in quei primi anni Settanta che ogni weekend vedevano svuotarsi Milano. All’epoca era art director di Harper’s Bazaar Italia, prima delle sue intense attività editoriali, perché poi fu corrispondente per otto anni del New York Time Magazine. Collaborò anche con quelle riviste prestigiose – Vogue, Esquire, Harper’s Bazaar – che all’epoca dominavano la bella società internazionale.

Fotografava con entusiasmo ed energia, ed era un via vai continuo di modelle, celebrities, personaggi nel suo studio di via Mantova. Di fianco al vecchio mulino, negli anni Duemila riconvertito in un hotel che ne conserva intatto il fascino. Collegato con un breve tratto di binari direttamente allo scalo di Porta Romana, inghiottiva vagoni di cereali che sarebbero poi diventati crackers.

Carlo Azeglio Ciampi, Silvio Berlusconi, Romano Prodi, in una combo tratta dal libro ‘Ad occhi chiusi….ritratti di italiani’ di Bob Krieger (Ansa)

Lo studio nel cortile vecchia Milano

Lo studio di Krieger era stato ricavato nel cortile di una vecchia casa che conservava una certa grazia. Era stata la sede di una cooperativa e nella parte che si affacciava sulla strada si apriva una specie di osteria-bar dove si fermavano a bere “un goccetto” tranvieri che finivano il turno, pensionati, inquilini, sartine. Era una zona operaia che alla bella gente ospite del grande fotografo riservava qualche timido saluto. La volta in cui arrivò una giovane Miss Italia, Federica Moro, che Bob voleva fotografare abbigliata da principessa (aveva o no una coroncina in testa?) i giocatori di tressette accennarono anche un applauso.

La nuova carriera da ritrattista di famosi

I miei genitori abitavano nel palazzo di fronte, al numero 11. Il quartier generale di Krieger era al 10 e la cucina, con i suoi profumi invitanti andava tutto il giorno. C’erano sempre ospiti intorno a quel tavolone e qualcuno passava di lì soltanto per salutare e godersi un boccone. Aveva un senso orientale dell’ospitalità e quando glielo dicevo mi sembrava compiaciuto. «È una delle eredità del periodo trascorso in Egitto che più amo», diceva sorridendo. In quello studio, dove è rimasto per vent’anni, mi ha raccontato di aver scattato più di un centinaio di ritratti da quando si è reso conto di ritenere superata la fase della moda. «Sono stato un testimone, l’ho raccontata nel modo migliore cercando di valorizzarla. Ma c’è sempre un inizio e una fine e ho voluto ricominciare da capo».

Francesco Totti, Giovanni Trapattoni, Christian Vieri nelle foto tratte dal libro ‘Ad occhi chiusi….ritratti di italiani’ di Bob Krieger (Ansa)

Quella foto di Armani che segnò un’epoca

Ha sempre ammesso però che il suo momento di gloria nella storia vorticosa del fashion è legato al ritratto di Giorgio Armani scelto da Time per la copertina del 1982. «Insomma, quella cover era come vincere un Nobel, e io da buon amico godevo con lui di questo successo»

. Di copertine di Time, per la verità, ne firmò altre due mi ricordò sorridendo quando ci siamo visti nel novembre scorso per preparare una lezione-incontro all’Accademia del Lusso. Gli piaceva parlare con gli studenti, ma si sentiva più sicuro preparando prima una traccia. Venne a trovarmi a casa – di nuovo ci eravamo trovati ad abitare vicini – e fissammo una serie di argomenti da affrontare. Ci siamo promessi, vediamoci quando torni da Santo Domingo. Volevo parlargli di quella che definiva  “la sua famiglia”, come chiamava i personaggi che aveva incontrato e fotografato. Ma ecco, all’improvviso ci è mancato il tempo. 

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA