7 maggio 2020 - 21:09

Libia, Sarraj al Corriere: «La missione europea Irini? Vantaggio per Haftar»

Il premier libico: le sue armi arrivano per lo più via terra E sul rivale: dopo il golpe
non tratteremo più con lui, sia giudicato da Corte dell’Aja

di Lorenzo Cremonesi

Libia, Sarraj al Corriere: «La missione europea Irini? Vantaggio per Haftar»
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Primo ministro Fayez Sarraj, crescono le vostre critiche alla nuova missione navale europea Irini a guida italiana per il primo semestre, che è diventata operativa dal 4 maggio e prende il posto della vecchia missione Sophia per il monitoraggio delle acque al largo della Libia. Da settimane sostenete che Irini penalizza le vostre truppe e invece aiuta quelle di Khalifa Haftar. Ci può spiegare i motivi?

«L’obiettivo primario dell’operazione Irini è fare rispettare l’embargo Onu contro l’invio di aiuti militari stranieri in Libia. La sua area d’operazioni è il mare Mediterraneo. Ma ai nostri nemici le armi e munizioni arrivano principalmente via terra e aria. Questa è, in breve, la nostra obiezione: i nostri porti saranno controllati, le nostre truppe penalizzate, mentre gli scali di Haftar saranno liberi di ricevere ogni aiuto e le sue milizie di utilizzare qualsiasi tipo di rinforzo militare».

Cosa invece approvate di Irini?

«La prevenzione dell’export petrolifero illegale. Inoltre sosteniamo la necessità di combattere la rete di organizzazioni dedite al contrabbando di esseri umani nel Mediterraneo centrale tramite l’addestramento e il sostegno alla Guardia Costiera libica. Questa, nonostante le sue debolezze e i pochi mezzi, ha contribuito per anni alla ricerca e il salvataggio di migliaia di migranti illegali, oltre ad avere un ruolo prominente nella diminuzione dei fenomeni migratori dalla Libia».

Come spiega le recenti gravi sconfitte di Haftar in Tripolitania?

«In primo luogo voglio ribadire che siamo per la pace. Va ricordato che prima della proditoria offensiva militare del 4 aprile 2019, lanciata all’improvviso da Haftar, noi eravamo seriamente impegnati sulla strada della democratizzazione della Libia, determinati a organizzare libere e giuste elezioni. Però, da un giorno all’altro, siamo stati costretti a combattere l’aggressione. È stato nostro dovere prioritario difendere la popolazione contro un invasore ben equipaggiato, addestrato, aiutato da Paesi terzi e da mercenari stranieri. Infine, ci siamo ritrovati a circondare i nostri aggressori nelle loro basi. Le nostre forze combattenti hanno dimostrato coraggio e spirito di sacrificio, hanno saputo pianificare le loro azioni e mobilitare le risorse giuste. Siamo passati dalla difesa all’attacco. Le milizie nemiche non combattono per una causa morale. Sono mercenari prezzolati».

Sarebbe disposto a riprendere i negoziati, come ai tempi della conferenza di Palermo nel 2018?

«No, non siamo più disponibili a parlare con Haftar. È responsabile di un colpo di Stato vile. Non deve sedere al tavolo delle trattative. Ciò è stato ribadito anche dalla signora Fatou Bensouda, procuratore capo della Corte Penale Internazionale, durante il suo discorso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu tre giorni fa, dove ha accusato le forze militari di Haftar di gravi crimini di guerra e di violare la Convenzione di Ginevra. Il suo attacco è fallito. Ma ha causato la morte di migliaia di libici, danni immensi al Paese e la distruzione delle nostre capacità nella lotta al terrorismo, oltre ad aver esacerbato l’immigrazione illegale e boicottato la democrazia. Haftar è ossessionato dal potere ma i libici hanno il diritto di vivere in una società democratica, libera da minacce».

Qual è il suo giudizio sui russi e sul ruolo di Egitto ed Emirati nel loro comune sostegno ad Haftar?

«È stato un totale fallimento. I loro sforzi hanno unicamente prolungato la guerra e contribuito a nuovi assassinii. Gli interventi stranieri, se continueranno, avranno risultati disastrosi destinati a danneggiare non solo la Libia, ma anche gli equilibri europei ed africani».

Cosa intende fare?

«Stiamo lavorando per denunciarli alle corti libiche e ai tribunali internazionali. Non possono restare impuniti. Posso capire che gli Stati perseguono i loro interessi, ma ci devono essere modalità legali ed etiche per farlo».

Gli aiuti militari inviati da Erdogan per voi sono stati vitali. La Turchia ha un nuovo ruolo dominante in Libia?

«Il memorandum con la Turchia è stato firmato lo scorso 27 novembre e approvato in gennaio. Nei 9 mesi precedenti noi siamo rimasti soli a fronteggiare l’aggressione nemica. Per tutto quel tempo noi abbiamo mandato ripetute richieste di aiuto ai Paesi nostri amici con la speranza di attivare forme di mutua sicurezza. La sola Turchia ha risposto con l’invio di esperti e tecnici in sostegno ai nostri programmi militari, incluso piani di addestramento, lotta al terrorismo e contro l’immigrazione illegale. Oltre a ciò abbiamo firmato con la Turchia il memorandum che definisce le mutue prerogative sulle nostre acque territoriali. È un nostro pieno diritto. Le compagnie turche lavorano in Libia da decenni e continueranno».

Anche a spese dei rapporti con l’Italia?

«La nostra relazione con l’Italia resta speciale e solida. Non dimenticheremo mai i vostri aiuti umanitari durante la lotta al terrorismo e il sostegno alla nostra Guardia Costiera. Abbiamo apprezzato l’apertura coraggiosa della vostra ambasciata a Tripoli in tempi di guerra. Non nutriamo alcun dubbio circa la determinazione italiana di porre fine alla crisi e all’aggressione contro Tripoli in nome della giustizia e della legge».

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