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Coronavirus, Boris Johnson si aggrava: il premier del Regno Unito in terapia intensiva

(afp)
Le sue condizioni sono peggiorate nel pomeriggio. In mattinava un post su Twitter: "Buon umore, sono in contatto con la mia squadra e sono arrivato in ospedale per dei test di routine". Tutte le sue deleghe al ministro degli Esteri Dominic Raab
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LONDRA - "È ancora cosciente". La precisazione che giunge da Downing Street poco dopo le venti è raggelante. Ora non è più un mistero: Boris Johnson è grave. Il coronavirus che lo ha contagiato, autoisolato a Downing Street per dieci giorni con febbre e tosse e costretto al ricovero in ospedale domenica sera durante uno straordinario discorso di Elisabetta II, ora l'ha spedito addirittura in terapia intensiva.

"Per precauzione", precisano da Downing Street, perché "non è attaccato a un ventilatore". Ma sempre "per precauzione", dicevano, era stato ricoverato l'altro ieri al St Thomas, ospedale pubblico di fronte al Parlamento di Westminster. Visto che da oramai undici giorni il premier britannico non dà segni di miglioramento, qualcuno pensa al peggio.

Dall'immunità di gregge al crollo

E così tutti pregano o augurano il meglio al 55enne Boris, acerrimi avversari politici come l'ex leader laburista Corbyn, il presidente francese Macron e l'intero Regno Unito sotto shock, la cui inossidabile resilienza verrà messa a dura prova. Johnson era colui che fino a qualche settimana fa si vantava a Downing Street di "stringere mani a chiunque".

Il suo staff scientifico ha teorizzato l'immunità di gregge anti coronavirus per poi fare amara retromarcia quando la sanità pubblica sarebbe collassata. La stessa cui si affida ora Johnson, dopo averla lodata in ogni suo discorso, e che a questo punto deve salvarlo a tutti i costi. Perché Johnson ha applicato alla lettera i confortanti consigli che lui e i medici danno ai britannici: "Se avete sintomi, tranquilli, non chiamate il numero speciale anti-coronavirus, a meno di emergenze: restate a casa per una settimana".

Insomma, c'è in gioco una posta enorme. Il destino del premier ma anche la credibilità di un intero apparato medico, sanitario, nazionale. Il premier si è aggravato ieri nel pomeriggio: difficoltà respiratorie, poi l'ossigeno per alleviarle.

La situazione è precipitata alle 19, dopo un pomeriggio bruttissimo per Johnson: febbre alta persistente, tosse, la paura di una polmonite. Johnson va k.o. e ora, in un Regno Unito figlio di una vaga costituzione, ha ceduto le sue deleghe a Dominic Raab, ministro degli Esteri, brexiter di ferro ed ex cintura nera di karate, che l'ha spuntata dopo una faida intestina nell'esecutivo. Perché qualcuno, tra i ministri, temeva da tempo per Boris.

Ma sin da ieri mattina c'erano troppe cose che non tornavano. Innanzitutto il ricovero di domenica, "precauzionale" si premurava di dire Downing Street. Ma se non c'era tutta questa urgenza o emergenza, perché trasportarlo in ospedale proprio durante il discorso della regina e comunicarlo al Paese qualche minuto dopo? Nei piani, doveva essere una domenica di speranza per i britannici, infusa nelle parole di Elisabetta II. Invece, il risultato finale è stato l'opposto, con il ricovero di Johnson che ha sottratto molte prime pagine alla sovrana e l'incertezza collettiva che si è impossessata del Paese.

I misteri sulla sua salute

Sempre ieri, i suoi insistevano: "solo precauzione". A ora di pranzo Johnson, o chi per lui, twitta per tranquillizzare i britannici: "Ho dormito bene, sono di buon umore e in contatto con la mia squadra, sono in ospedale per esami di routine". Ma, a differenza di volte, non si fa vedere in video o in foto.

Poi la questione "ventilatore": domenica notte l'agenzia di stampa ufficiale russa Ria Novosti sostiene che Johnson è sottoposto a ventilatore in terapia intensiva, facendo presupporre che le condizioni del premier siano ben più gravi. Downing Street smentisce seccamente questa ricostruzione ("disinformazione da parte di Mosca") ma non fa lo stesso per le voci di una "ossigenazione" cui sarebbe stato sottoposto Johnson. Poi, nel pomeriggio, la frase decisiva di Raab. Che durante la conferenza stampa prima dice che il premier "è al comando delle operazioni", poi ammette tra i denti di non sentirlo da sabato.

È la chiave del dramma, in un giorno relativamente positivo per il Regno Unito nella guerra al coronavirus: "solo" 432 morti, duecento in meno di ieri, segno che le misure del premier stanno funzionando. Ma ora il comandante in capo è alle corde, mentre la sua giovane fidanzata Carrie, incinta al sesta, è sprofondata nel dolore, confinata nella residenza estiva di Chequers per proteggere lei e il bambino.

Un anonimo ministro diceva ieri: "Boris non si cura. Crede di essere Churchill, ma è solo Boris". Come Johnson, anche il suo eroe Winston Churchill ebbe la polmonite nel 1944 e come lui continuava a lavorare senza sosta nella sua guerra mondiale. Gli imposero di fermarsi, come ora è stato costretto Johnson. Lui superò la crisi. Ma, come Dunkirk per Churchill, questa è l'ora più buia di Boris. E la luce è ancora lontana.