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Coronavirus, si può fare una passeggiata con i bambini e gli anziani. Ecco a quali condizioni

Il ministero dell’Interno aveva chiarito che figli minorenni, anziani e inabili possono essere portati in giro a piedi. Poi le critiche di Regioni e Comuni hanno provocato una mezza retromarcia

di Maurizio Caprino

Coronavirus, ecco le regole per la passeggiata

4' di lettura

Camminare con i propri figli minorenni è consentito, ma non si capisce bene quando. Se il 31 marzo il ministero dell’Interno aveva scritto che il lockdown prolungato imposto dall’emergenza coronavirus può essere rotto per fare due passi nelle vicinanze di casa con un solo genitore, le reazioni di non pochi governatori e sindaci hanno indotto a ridimensionare la circolare ministeriale. Pur senza smentirla del tutto.

La questione dovrebbe riguardare anche l’accompagnamento di anziani e inabili, perché la circolare, firmata dal capo di gabinetto del ministro dell’Interno, era riferita anche a loro.

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La circolare con i chiarimenti del ministero dell'Interno

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L’argomento era rimasto sotto traccia rispetto ad altre questioni legate alle attività all’aperto. Come se le esigenze dei runner o degli animali domestici fossero in primo piano rispetto a quelle dei bambini. Fra i chiarimenti del 31 marzo, invece, è stato affrontato esplicitamente anche questo tema.

La prima versione
La circolare spiegava che il passeggiare con i propri figli si può considerare un’attività motoria all’aperto e per questo è consentito. Ma a quattro condizioni:

- che i figli siano minorenni:

- che sia presente un solo genitore;

- che si deve rimanere «in prossimità della propria abitazione»;

- che si rispetti il divieto generale di assembramento e si mantenga come sempre «la distanza di sicurezza minima di un metro da ogni altra persona».

Agf

La versione «corretta»
Di fronte al clamore su quest’interpretazione delle limitazioni alla mobilità in vigore nelle ultime settimane, la sera del 1° aprile il ministero dell’Interno ha diffuso un comunicato che cerca di non smentire la circolare, ma di fatto sembra cambiare le cose.

Infatti, alle condizioni riportate dalla circolare, ne aggiunge una molto restrittiva: gli spostamenti nell’ambito dei quali si può uscire con i figli devono comunque essere dovuti a ragioni di necessità o di salute. Quindi, per poter portare fuori i figli, si deve cogliere l’occasione di un impegno legato a questi motivi.

Il punto fermo
Resta vietato andare in parchi, ville, aree gioco e giardini pubblici, perché non sono consentite attività sportive, ricreative o ludiche.

Il giallo dello jogging
La circolare aveva classificato tra le attività sportive anche lo jogging, di fatto vietandolo. Ma, poco dopo che la circolare è stata divulgata, il ministero dell’Interno ha precisato alla stampa che resta consentito,perché sarebbe un’attività motoria.

Il comunicato del 1° aprile non ha chiarito molto: si è limitato a ricordare che l’attività motoria resta consentita in prossimità della propria abitazione, senza sbilanciarsi sul fatto che lo jogging sia da considerare tale o sconfini tra le attività sportive (che invece sono vietate).

In ogni caso, è confermato che per fare un po’ di attività motoria non è necessario cogliere l’occasione di situazioni di necessità o salute: si può uscire di casa anche solo per fare quattro passi. Non si deve però dimenticare che l’attività motoria resta consentita esclusivamente in prossimità della propria abitazione. Dunque fare jogging è comunque soggetto a questo limite.

Anziani e inabili
Le disposizioni sulla possibilità di accompagnare qualcuno a passeggiare all’aperto valgono anche per chi si occupa di assistere anziani o inabili. Perché - spiega la circolare - si tratta di spostamenti riconducibili «a motivazioni di necessità o salute».

La protesta (e le ordinanze contrarie) di Comuni e Regioni
Contro la circolare ministeriale del 31 marzo si erano schierati molti amministratori locali e a nulla sono valse le successive specifiche del Viminale che niente è cambiato e si tratta solo di puntualizzazioni rispetto a comportamenti già autorizzati.

Tra gli altri, l’assessore della Regione Lombardia Guido Gallera aveva detto che la circolare rischia di creare «un effetto psicologico devastante, vanificando gli sforzi finora compiuti». Ancora più duro il governatore della Campania Vincenzo De Luca che la ritiene «un messaggio gravissimo» e dice che nella sua regione le uscite con i figli restano vietate.

Uscite con i figli che sono vietate anche da diverse ordinanze di sindaci e dunque ancora una volta i cittadini si trovano in mezzo a provvedimenti e interpretazioni di varia natura.

L’ingorgo di norme
La parziale retromarcia governativa del 1° aprile dovrebbe aver fermato i governatori e i sindaci che stavano per firmare ulteriori provvedimenti restrittivi. Se questo fosse successo, si sarebbe rischiato un ingorgo politico-normativo.

Non più tardi del 25 marzo, il Dl 19/2020 aveva cercato di mettere ordine: l’articolo 3 stabilisce che «le Regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive..., esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale». Ma questo vale solo se poi il Governo conferma che c’è effettivamente il rischio, emanando un proprio provvedimento (Dpcm).

Che cosa succederebbe se poi il Dpcm non fosse emanato? Giuridicamente non è chiaro. Ma di certo si aprirebbe un caso politico.

Restano in vigore le ulteriori restrizioni locali decise prima del 25 marzo, ma scadranno nei prossimi giorni. La parziale retromarcia del ministero dell’Interno (e dello stesso premier Giuseppe Conte, che ha accennato alla questione nella conferenza stampa della sera del 1° aprile) pare quindi da leggere come un tentativo di evitare un braccio di ferro con governatori e sindaci, pronti a rinnovare le loro restrizioni al momento della loro scadenza.

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