30 marzo 2020 - 06:12

Coronavirus, dopo quanti giorni si smette di essere contagiosi? Lo studio dell’Istituto Mario Negri

I pazienti gravi in media diffondono Covid per 20 giorni; per alcuni il periodo arriva a 37. «Basta un guarito inconsapevolmente contagioso e si ricomincia daccapo»

di Marco Imarisio

Coronavirus, dopo quanti giorni si smette di essere contagiosi? Lo studio dell'Istituto Mario Negri
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Quando finirà, ma anche prima, saranno i guariti a decidere come ricominceremo. Con l’economia che avrà bisogno di mettersi subito in moto, il loro ritorno nella società produttiva non si annuncia facile, e neppure semplice. Sperando che non sia un eccesso di ottimismo ma invece un tentativo di prevedere gli ostacoli futuri, l’ultimo mese di pubblicazioni e di studi medici ha visto molti contributi dedicati a una questione molto delicata. L’ultimo in ordine di tempo è quello dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, fatto in collaborazione con L’Istituto Superiore di Scienze Sociali di Parigi. Quanti saranno, per cominciare? Per la fine di aprile il numero totale di persone in età lavorativa dichiarate infette mediante tampone potrebbe essere intorno alle 115.000 unità, ammesso e non concesso che possa essere quello il momento di una parziale riapertura (leggi tutti gli aggiornamenti sulla giornata di domenica).

Gli studi

Comunque, un massimo di 130 mila agli inizi di giugno, salvo variazioni molto significative delle attuali curve statistiche. E qui, se questo fosse un vero e proprio saggio, ci andrebbe messo un asterisco. Perché il modello matematico usato per arrivare a questi numeri non prevede la stragrande maggioranza dei casi di positività, che ormai da almeno un mese è auto diagnosticata, o quasi. Quindi raddoppiare, come minimo. Sappiamo ormai molto sul periodo di incubazione del Coronavirus. Ma quello che deciderà le sorti del nostro nuovo inizio e farà da argine a una ripresa dell’epidemia, sarà la gestione del periodo durante il quale la persona malata diffonde il virus nell’ambiente e deve osservare la quarantena. Ci sono pochi studi su questo aspetto.

Gli asintomatici

I pazienti gravi diffondono il virus per 20 giorni in media, invece per pochi altri questo periodo può durare fino a 37 giorni. Per i malati lievi la durata media è di 10 giorni, ma per alcuni continua fino alle due settimane. Per avere una ipotetica patente di paziente guarito, esistono solo raccomandazioni. In caso di ricovero, prima delle dimissioni va fatto il tampone per assicurare che non ci sia più l’escrezione del Coronavirus. Ogni persona ammalata deve avere due tamponi negativi fatti a distanza di un giorno. Non sarà facile. Il numero dei pazienti con forma lieve di Covid-19 che non vengono ricoverati a causa del sovraccarico degli ospedali raggiunge ormai l’80 per cento dei casi, con punte superiori in Lombardia. Gli ospedali sono sovraccaricati di malati con il livello dell’infezione più grave. A rendere ancora più complicata la situazione, le stime preliminari suggeriscono che i portatori asintomatici possono arrivare al 18-30 per cento di tutta la popolazione contagiata.

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La carenza di tamponi

Una informazione che secondo lo studio del Mario Negri, firmato da Boris e Alexander Bibkov, «non è stata ampiamente comunicata al pubblico». Eppure viene invece ritenuta di importanza essenziale per far comprendere quanto sia importante seguire le misure protettive per evitare una seconda ondata dell’epidemia. Già, ma quali? La diffusione del virus può continuare anche dopo la scomparsa della febbre e dei sintomi più gravi. L’attuale carenza di tamponi non rende possibile fare il test a tutte le persone con i sintomi respiratori o con la febbre. Per chi semplicemente rimane a casa diventa fondamentale sapere che non può considerarsi “guarito” senza avere il test diagnostico, ripetuto più volte, e che la diffusione del virus può continuare anche dopo la scomparsa della febbre e dei sintomi più gravi. Queste informazioni non devono alimentare ulteriori paure nelle persone, ma «devono servire per sviluppare un metodo razionale e diffuso per combattere l’epidemia a livello individuale e collettivo».

La prevenzione

Conterà la prevenzione, fin da subito. Ancora più del solito. «Un guarito, uno solo, che si aggira inconsapevole di essere ancora contagioso, e ricominceremmo daccapo» dice Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri. «Finora dalle autorità abbiamo avuto una comunicazione incentrata su alcune cose comunque importanti, come l’isolamento sociale. Il prossimo obiettivo deve essere quello di coinvolgere i cittadini, fornendo le conoscenze che li aiutino a uscire in sicurezza dalle loro case». Tamponi per chi si considera guarito e per i suoi familiari, ma non basta ancora. «Credo che occorra indicare una strada precisa» continua Remuzzi. «Un nuovo protocollo. Il medico di base non può lasciar andare via subito l’ex malato. Deve rivolgersi alla ASL, ognuna delle quali ha bisogno di mezzi e di organizzazione per i controlli senza aspettare quindici giorni per vedere se un paziente è negativo. Mandando in giro guariti veri, aiuteremo l’economia». Abbiamo almeno un mese di tempo. Cerchiamo di usarlo bene.

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