TORINO. Con 25 pesetas Ràmon Acin nel 1932 compra il biglietto alla lotteria di Natale spagnola e vince 150 mila pesatas. Con questa cifra mantiene la promessa fatta all’amico Luis Buñuel: produce il primo documentario del regista surrealista, «Las Hurdes. Tierra sin pan». E dalla realizzazione di «Terra senza pane», quella a Nord-Ovest della Spagna ai confini con il Portogallo, comincia il film d’animazione «Buñuel nel labirinto delle tartarughe» del regista Salvador Simò e coproduzione ispano-olandese. A questo progetto, vincitore ai Goya 2020 e agli Efa 2019 e in uscita nelle sale italiane il 5 marzo, partecipa l’animatrice Giulia Landi, 33 anni, nata a Pistoia e arrivata a Torino nel 2009 iscritta al Centro Sperimentale di Cinematografia. Oggi, da San Salvario, disegna per i cartoon internazionali.

Perché 10 anni fa ha scelto Torino?

«Il Centro Sperimentale metteva insieme la mia passione per il disegno e per l’animazione, con una formazione intensiva e completa. Ho fatto i tre anni e poi sono volata a Londra, per uno stage con il canale Cartoon Network».

È una fortunata, entra subito dentro la professione che ha scelto e non smette più?

«Sì, è accaduto così. Da Londra ho animato in produzioni europee, ho vissuto a Bruxelles, in diversi luoghi in Francia, il Paese che più tutela l’animazione, a Lisbona e poi in Olanda. Qui si attiva il contatto per Bunuel, con l’agenzia di Amsterdam che mi ha chiamata come supervisore della parte olandese».

Vuol dire che non ha animato scene?

«Ho anche animato, ma il mio ruolo è stato di raccordo fra le richieste del regista, che era in Spagna, e il gruppo di lavoro olandese, un impegno nuovo e molto intenso».

Per una storia particolare, lei cosa ha pensato del soggetto all’inizio?

«Che era curioso un cartone su un episodio della vita di Bunuel, ma facendolo si è rilevato interessante, il film è godibile e non d’autore. È la storia d’amicizia fra il regista e il suo produttore, che nella realtà è stato assassinato dal regime franchista».

Dopo tanta Europa, come mai il ritorno in San Salvario?

«Avevo voglia di Italia, anche se c’è un trauma nel ritorno come nello stare lontano. Il Centro Sperimentale ha attorno numerose realtà per l’animazione, contatti, questo è importante. Poi ho amici e non sono distante da casa mia, Pistoia».

Da Torino lavora per produzioni italiane o straniere?

«Internazionali, anche se mi ha da poco contattato Enzo D’Alò per una collaborazione al suo nuovo film e mi piacerebbe molto. In questo momento sto animando le scene che mi arrivano dal regista israeliano Ari Follman, l’autore del bellissimo “Valzer con Bashir”: stiamo realizzando il cartone del Diario di Anna Frank, da una graphic novel già pubblicata».

È fedele alla storia?

«Assolutamente, anche se il film ha una narrazione parallela, con una storia attuale. Ho conosciuto Follman lavorando al suo lungometraggio “The Congress” per cui mi sono spostata a Tel Aviv tre mesi. Oggi vorrei lavorare solo dallo spazio di coworking in San Salvario».

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