Maria Sharapova: «Perdonami tennis, ti dico addio»

La tennista russa annuncia il ritiro con una lettera aperta a «Vogue». A 32 anni, a fermarla sono i problemi alla spalla. Icona di questo sport, tra le più grandi di sempre, la venere bionda che ha coniugato discese a rete e red carpet, vanta 5 tornei dello Slam
Maria Sharapova «Perdonami tennis ti dico addio»

«Perdonami tennis, ti dico addio». Era partita dalla Siberia da bambina con il papà Yuri, inseguendo un sogno. L’ha raggiunto da tempo, divenendo un’icona di questo sport. Ora, a 32 anni, ha deciso di scendere dalla giostra. Problemi fisici, la spalla che non smette di darle noia. Ma anche la consapevolezza che il meglio è già passato, il resto sarebbero solo pagine scritte con grafie incerta di un romanzo straordinario, anche se non privo di momenti cupi e passaggi dolorosi. Maria Sharapova dice addio al tennis. La tennista russa ha annunciato il suo ritiro con una lettera pubblica su «Vogue», alzando in questo modo il sipario sul suo futuro, che prenderà nuova forma probabilmente nel campo della moda.

Lascia il tennis l’ultima regina di questo sport, una vera star dal passo hollywoodiano e la naturale inclinazione al red carpet. Tra le più grandi di sempre, Masha, come la chiamano, di sicuro la più pagata degli ultimi vent’anni, anche lapin lungimirante nel trasformare le proprie esibizioni in «eventi», sfilate con la gonnellina e la racchetta in mano, sguardi languidi e sorrisi a favore di telecamera. Una impeccabile imprenditrice di se stessa, capace di far fruttare al massimo il proprio talento.

Cinque tornei dello Slam in bacheca per l’equivalente di Cristiano Ronaldo nel tennis femminile, il primo quando aveva solo 17 anni a Wimbledon, contro Serena Williams: bellissima, bionda, elegante di un’eleganza naturale, come nessun’altra tennista; Maria entra subito nell’immaginario popolare e ci resterà 15 anni. Numero 1 del mondo a 18 anni, lo Us Open vinto nel 2006, poi gli Australian Open nel 2008 e il Roland Garros nel 2012 (anno anche dell’argento con la Russia alle Olimpiadi di Londra) e nel 2014.Il 2016 è l’anno nero. Maria viene trovata positiva all’antidoping. Ha utilizzato il Meldonium, un farmaco presente nella lista delle sostanze proibite. I 24 mesi di squalifica - poi ridotti a 15 - minano in maniera definitiva le sue certezze. Maria rientra nel 2017, ma non è più la stessa. Oggi la decisione dell’addio.

«Come fai a lasciarti alle spalle l’unica vita che tu abbia mai conosciuto? - chiede e si chiede Maria nella lettera a «Vogue» - Come ti allontani dai campi su cui ti sei allenata da quando eri una bambina, il gioco che ami, che ti ha portato dolori e felicità incredibili, uno sport in cui hai trovato una famiglia, insieme ai tifosi che ti seguono da sempre per oltre 28 anni? Lo so questo, quindi per favore perdonami. Tennis, ti sto dicendo addio».

Sino al disastro di Chernobyl, i genitori vivevano a Gomel, in Bielorussia, per poi emigrare a Sochi. Poi il trasferimento negli Usa. Maria gioca le prime partite nell’Accademia di Nick Bollettieri. A mandarla lì era stata un’altra grane, Martina Navratilova. Negli ultimi tempi aveva allargato l’orizzonte dei propri interessi, impegnandosi in alcune attività imprenditoriali. Tra le più redditizie il suo brand di caramelle «Sugarpova», del quale è fondatrice e amministratore delegata.

«Unstoppable – My life so far», il titolo della sua autobiografia. Di sé ha detto: «Sono un’indefessa lavoratrice. Tutto quello che ho conquistato, l’ho ottenuto lavorando». Forbes, dal 2005 al 2011, l’ha inserita tra le 100 celebrità più potenti del pianeta. E’ stata - Maria - la venere bionda del tennis 2.0. Tra le relazioni celebri quella con Adam Levine, leader dei Maroon 5, con il cestista Sasha Vujacic (dal 2009 al 2012)e con il tennista Grigor Dimitrov e - infine - quella con il rampollo inglese Alexander Gilkes. «Il tennis mi ha mostrato il mondo e mi ha mostrato di che pasta sono fatta. E come mi sono messa alla prova e come ho misurato la mia crescita. E così, in qualunque cosa potrei scegliere per il mio prossimo capitolo, la mia prossima montagna, continuerò a spingere. Continuerò ad arrampicare. Continuerò a crescere».