Nella casa nuova

Che cosa vuol dire cambiare casa? Una nuova puntata della rubrica «Io disordinaria»

Se vi diranno che traslocare è un po’ come morire non ci credete. Dall’alba del primo giorno in casa. Hanno portano tutto: i mobili nuovi, i sanitari splendenti, le camerette da sogno, i soffitti immacolati, la cucina che non ci voglio cucinare per non... ma cosa dico sporcarla... per non vederla invecchiare grassa e graffiata, tutto il nuovo mondo mio e dei miei figli che profuma di pagina bianca ancora da scrivere. Resta soltanto quella sensazione sinistra che comunque avverto nella nuova casa anche se il mio sorriso forzato, questa volta, soffocherà. Ore 7, mi sveglio sorridendo ma non suona la sveglia, prendo il telefonino e scopro che è morto causa batteria scarica. Guardo la presa nuova di zecca, sorridendo tento di capire mentre mi rimane in mano la mascherina e tutti i fili staccati. Sorridendo, sveglio di corsa Leonardo per non far tardi a scuola e... ops! Mi rimane in mano la maniglia della porta. Urlo sorridendo: «LEOOOOOO AIUTOOOO!». Lui si sveglia ed esce dal balcone per entrare in salone, dove c’è già Jolanda con l’interruttore della sua nuovissima luce da cameretta in mano, io sorridendo mi butto sul divano che si apre nella parte centrale. Chiamo l’architetto che mi rimanda al montatore che mi rimanda al mobilificio che mi rimanda al facchino che mi rimanda alla «SCALA SANTA» (luogo di culto religioso situato a Roma nei pressi di San Giovanni dove si espiano i peccati). SORRIDENDO.