TORINO. Più arresti per stalking e maltrattamenti in famiglia, con un incremento del 40 percento rispetto ai dati dello scorso anno, ma anche più denunce da parte delle donne che subiscono reati. È questo il bilancio sulla violenza di genere a sei mesi dall’entrata in vigore del Codice rosso, la norma che dispone misure più stringenti per tutelare le vittime di violenza domestica e di genere, a partire dall’obbligo di sentire la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione del fatto di reato.

I dati – relativi a Torino e provincia - e i nodi ancora da risolvere sulla questione sono stati affrontati ieri a Palazzo Lascaris durante il convegno “Codice rosso” organizzato dalla segreteria regionale del Sap (Sindacato autonomo di polizia) e dal Sim (Sindacato italiano militari carabinieri) Piemonte e Valle d’Aosta.

I numeri forniti dalla divisione Anticrimine della questura mostrano l’imponenza del fenomeno: dal primo agosto 2019 al 15 febbraio 2020 le persone arrestate per stalking sono state 29, con un incremento del 3,57 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nello stesso arco temporale sono finite in manette per maltrattamenti in famiglia 59 persone, con un aumento del 40,48 percento. Una percentuale alta, che da un lato si spiega con l’intensificazione delle attività delle Volanti, dispiegate su tutto il territorio dal questore Giuseppe De Matteis, e in generale con il lavoro di prevenzione della polizia e delle forze dell’ordine, ma che dall’altro mostra con forza la gravità di una situazione. E a colpire sono nella maggioranza dei casi uomini conosciuti dalle donne perseguitate, violentate e maltrattate: compagni, mariti, ex fidanzati che non accettano i “no” o le separazioni. Sono già 74, dal primo agosto del 2019, gli ammonimenti inflitti dal questore per stalking e violenza domestica: 50 solo per quest’ultimo reato.

«L’incremento degli arresti corrisponde a un aumento di notizie di reato a piede libero, e ciò denota l’incidenza che può avere avuto la legge sul Codice rosso», ha spiegato Marco Sanini, sostituto procuratore esperto in fasce deboli. «Resta sempre una grossa fetta di sommerso – ha aggiunto - ma è evidente che ce n’è sempre meno, grazie sia a una sequenza di interventi normativi che hanno facilitato l’operato delle forze dell’ordine, e soprattutto a una costante opera di sensibilizzazione delle persone». È la potenza della conoscenza: sapere che esiste un nuovo strumento normativo – il Codice rosso – agevolerebbe, secondo il magistrato, le donne maltrattate a trovare la forza di denunciare e le forze dell’ordine a intervenire. Anche se, ha specificato Sanini, trovando l’accordo di molti poliziotti e carabinieri presenti in sala, «c’è un problema di formazione. Occorre che la persona offesa parli con l’operatore di polizia che è arrivato sul luogo, e serve che si trovi a proprio agio: così si fa l’arresto in flagranza», ha sottolineato il pm, ricordando che «affinché la donna parli, l’operatore deve essere formato, ovvero sapere che quella donna per la prima volta nella sua vita sta parlando a un estraneo della propria affettività. È ben diverso denunciare un ladro o un compagno con cui abbiamo convissuto per anni», ha concluso il pm.

«A volte in caserma non abbiamo nemmeno una stanza per ricevere con tranquillità la persona», ha dichiarato un esponente delle forze dell’ordine in sala. Gli ha fatto eco un collega: «Siamo i primi a volte a non sapere come approcciare psicologicamente le donne». E spesso, come ha ricordato l’avvocato Maurizio Cardona, «sono anche i minori a patire le conseguenze delle violenze in famiglia, servono strumenti ad hoc». Su un punto, tutti hanno convenuto: la formazione è soprattutto un problema di risorse. Che l’amministrazione pubblica dovrebbe erogare, per corsi e per fornire strutture idonee all’ascolto di storie spesso troppo difficili da raccontare.

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