TORINO. Claudio Sala, lei conosce la realtà granata e i suoi tifosi come pochi: 11 anni al Toro da calciatore e uno scudetto, poi allenatore al posto di Radice, infine presenza fissa allo stadio.

Quanto c’è da preoccuparsi con la zona retrocessione ora a -5 punti?
«Voglio pensare positivo, nonostante tutto. Non facciamoci prendere dall’isteria, la squadra ha tanti problemi, ma può risolverli. La Serie B è ancora abbastanza lontana: ora però è il momento che il Toro si dia una svegliata».

Dove si conquista la tranquillità?
«A partire dalla sfida di domenica con il Parma, vincere servirà a risollevare un po’ l’umore. Ma le vere prove da non fallire saranno contro Brescia, Spal e Genoa: le prime due non hanno quasi più speranze, una buona notizia».

Longo è sempre l’allenatore giusto per far uscire i granata dai guai?
«Sì, è in grado di riportare questa squadra verso posizioni migliori, ma nessuno ha la bacchetta magica. Bisogna dargli fiducia».

Ma il tempo stringe e l’effetto del cambio di panchina non ha spezzato la serie negativa: adesso sono cinque sconfitte di fila in campionato, comprese le tre di Mazzarri. Si aspettava questa partenza falsa?
«L’avevo messa in preventivo, anche se speravo in una scossa: di solito capita così quando si prendono queste decisioni. Anche io, da allenatore, ne beneficiai, strappando il 2-2 al Milan di Sacchi».

Perché stavolta non è successo?
«Perchè la squadra è reduce da troppe sconfitte, alcune delle quali rovinose: ricordiamoci che prima dell’arrivo di Longo il Toro ne aveva prese 7 dall’Atalanta e 4 dal Lecce, senza dimenticare la grossa occasione buttata via contro i rossoneri in Coppa Italia».

A San Siro ha intravisto segnali di speranza?
«Sì, una squadra che ha lottato di più, ma ancora non basta. E’ un momento particolare, lo sanno tutti».

La prima medicina da prendere per provare a guarire?
«Bisogna fare gruppo, stare uniti. Longo fa bene a ripeterlo in continuazione: la squadra singolarmente non vale queste prestazioni, deve trovare la forza di mettere in campo tutto ciò che ha, tornare quella che era».

Sul piano del gioco, qual è il primo problema?
«Gli ultimi 40 metri, è lì dove bisogna cominciare a mettere paura all’avversario. La grande fatica dell’attacco è solo una conseguenza».

Belotti in casa non segna da quasi 5 mesi e anche a San Siro, tranne un colpo di testa telefonato a Donnarumma, non ha inciso: quanto conta sbloccare il Gallo?
«Lo dicono i numeri che i gol del capitano solo importanti, purtroppo là davanti è sempre troppo solo».

Adesso gli hanno affiancato una punta, ma sembra ancora lottare nel deserto: perchè?
«E’ un problema collettivo. Serve una squadra più corta tra le linee, con il centrocampo che salga in appoggio all’attacco e di conseguenza pure la retroguardia alla mediana. Con bravi difensori, e il Toro sulla carta li ha, il 3-5-2 deve riuscire a compattare i reparti. Ora mi aspetto i risultati».

I commenti dei lettori