Con la sorella non ha rapporti da anni e anni, dicono gli inquirenti, ma per Rosaria Costa è una parentela che da oggi è veramente ingombrante: perché il Giuseppe Costa arrestato questa mattina a Palermo, con le accuse di estorsione e mafia, è fratello della donna che è uno dei simboli della lotta a Cosa nostra. Lei ha scritto la storia dell’antimafia: è la vedova ventiduenne dell’agente Vito Schifani, è suo il disperato e disperante appello ai funerali del marito (“Io vi perdono, però voi vi dovete inginocchiare”). Schifani fu ucciso nella strage di Capaci con Giovanni Falcone, la moglie del giudice, Francesca Morvillo e altri due agenti di scorta, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Il fratello di Rosaria, Giuseppe Costa, 52 anni, ha scritto invece una pagina vergognosa per la famiglia di sangue: il suo arresto è quello di un uomo del pizzo, che raccoglieva il denaro delle estorsioni e lo riversava ai parenti dei carcerati. Al servizio del boss dell’Arenella, Gaetano Scotto, il personaggio centrale dell’inchiesta della Direzione investigativa antimafia, che ha portato a otto arresti a Palermo.

Scotto è uno dei sette ex ergastolani di via D’Amelio, ingiustamente accusati dal falso pentito Vincenzo Scarantino, è il vecchio e nuovo boss della borgata marinara palermitana dell’Arenella. Uomo di grande rispetto. Al punto che aveva deciso – pochi giorni dopo essere uscito dal carcere – di farsi rivedere nel posto in cui il suo prestigio poteva essere di nuovo al centro dell’attenzione: la processione, da lui seguita sull’imbarcazione più importante, cioè a bordo del peschereccio che trasportava la statua di Sant’Antonio. “Aspettano me, per partire”, aveva detto alla sua donna in una conversazione intercettata. Ora è approdato. Di nuovo in carcere.

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