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Brunello, vola il valore dei vigneti e aumentano le proprietà estere

In 3 anni 15 aziende vitivinicole passate di mano (sfiorato l’acquisto di Castello Banfi da parte di Lvmh) per un territorio che vale oltre 2 miliardi

di Giorgio dell'Orefice

4' di lettura

Avrebbe dovuto chiudersi nelle scorse settimane ma, almeno per il momento, non se ne farà nulla. Lvmh, il polo francese del lusso proprietario di marchi come Louis Vuitton, Dior, Fendi, aveva aperto nei mesi scorsi una due diligence sull'acquisizione di Castello Banfi, non solo una griffe del Brunello di Montalcino, ma molto di più. Si tratta dell'azienda fondata dai fratelli italoamericani Harry e John Mariani e che a partire dal 1978 ha aperto al Brunello di Montalcino le porte degli Usa gettando così le basi della notorietà internazionale di oggi.

Le reiterate visite dei mesi scorsi da parte dei manager francesi avevano portato a un’offerta importante anche se molto al di sotto delle cifre astronomiche circolate sui media in queste settimane. Circa 500 milioni di euro per rilevare l’intera azienda invece del miliardo vagheggiato da qualcuno.

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La famiglia Mariani chiariti i dettagli sulla catena di comando della società era adesso alla ricerca di soci, preferibilmente di minoranza. Da qui è nata la riflessione con il gruppo Lvmh il cui interesse verso Castello Banfi aveva il proprio motore – secondo i bene informati - nella struttura di hospitality, il bellissimo borgo medievale affacciato sui vigneti di Brunello. Ma poi, non si sa ancora se per divergenze proprio sulle formule di partecipazione, al termine della due diligence durata mesi il polo francese del lusso ha deciso di soprassedere. Anche se non si è concretizzata tuttavia la trattativa tra Lvmh e Castello Banfi è destinata a lasciare il segno su Montalcino. Perché tratteggia davvero un nuovo salto di qualità in termini di reputation per una delle denominazioni simbolo del vino italiano.

Un vero e proprio “salto di appeal” che segue l’investimento effettuato appena tre anni fa dal gruppo francese Epi che ha rilevato l’etichetta icona del Brunello, la Tenuta Il Greppo della famiglia Biondi Santi.

Lo sbarco vero e quello solo tentato in Toscana dai francesi è destinato a lasciare il segno perché denota l’attenzione verso la Docg senese di imprenditori con lunga e consolidata tradizione nel vino (Lvmh è titolare di brand come Dom Perignon, Krug, Chateau d’Yquem, Moet & Chandon) che evidentemente intravedono in Montalcino delle grandi potenzialità di crescita (e per il Brunello la possibilità di avvicinarsi alle quotazioni dei vini di Borgogna). Una visione che, purtroppo, non sembrano avere imprenditori italiani.

Se ne discuterà di certo nei prossimi giorni, dal 21 al 22 febbraio a Montalcino nel corso dell’edizione 2020 di Benvenuto Brunello l’annuale manifestazione che riunisce giornalisti e buyers da tutto il mondo e con la quale viene presentata la nuova annata al debutto sul mercato. Quest’anno si tratta di un millesimo particolarmente atteso: il 2015.

Ma soprattutto, nelle giornate di Benvenuto Brunello si parlerà di certo di questo nuovo appeal dell’etichetta Ilcinese testimoniato tra l'altro anche da altri aspetti oltre agli appetiti francesi. D'altro canto – secondo i dati del Consorzio del Brunello - negli ultimi 3 anni sono circa 15 le aziende di Montalcino che hanno cambiato proprietà con l'arrivo di tanti imprenditori stranieri che oggi detengono circa un terzo dei 2.100 ettari a Brunello (sui 3.600 ettari totali comprese le altre Doc della zona per una produzione complessiva di 12,3 milioni di bottiglie di cui 7,9 milioni di Brunello e 4,1 di Rosso di Montalcino).

Un rinnovato appeal che trova conferme anche nell’escalation del valore dei vigneti che secondo i dati del Crea superano oggi il valore di 1 milione di euro a ettaro con una rivalutazione che il sito specializzato Winenews stima in un +4.500% in poco più di cinquant'anni (la nascita della Doc del Brunello è del 1966).

«Complessivamente l'intero valore dei vigneti di Brunello – aggiungono al Consorzio – supererebbe oggi il valore di 2 miliardi di euro». E in cantina risiede un altro asset in continua crescita e altro sintomo della nuova fase di escalation che si sta innescando sul Brunello.
«Si tratta – spiega il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – degli stock di vino sfuso delle ultime 5 annate che generano un valore fino a 4 volte superiore al 2010. Allora i prezzi del vino all'ingrosso scesero a 300 euro a ettolitro oggi sfiorano i 1.200. E i valori lievitano di un altro 130% quando il vino finisce in bottiglia. Il motivo? Alla fine di ogni anno risulta venduto il 100% del prodotto».

Vola anche l’enoturismo: a Montalcino si contano infatti 200mila presenze nel 2018, il 113% in più negli ultimi 5 anni, e oltre 75mila arrivi con pernottamento in un comune di 6mila abitanti (elaborazioni Nomisma-Wine Monitor su base statistica della Regione Toscana).

Negli anni si sono moltiplicate le strutture ricettive e oggi ce ne è una ogni 35 abitanti con 92 tra alberghi, agriturismi e strutture di accoglienza. Oltre 50, infine, i ristoranti e i locali con attività di somministrazione. E i risultati, per la denominazione che nel 1941 ha fondato una delle prime enoteche pubbliche d'Italia e per prima ha aperto le porte al pubblico (Fattoria dei Barbi, nel 1948) si vedono: +20% le presenze solo nell'ultimo anno statistico (2018 vs 2017); +113% negli ultimi 5 anni per una crescita 10 volte superiore all'incremento dell'incoming regionale toscano; quasi 77mila le notti in hotel per 3/4 riservate da stranieri, circa 120mila le presenze in esercizi extralberghieri.

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