Travolte da... (in)solita passione per gli accessori di primavera

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«Gli accessori sono la punteggiatura dell’abito». Parola di Coco Chanel. Prova a sbagliarli e mandi tutto a pallino. Borse, scarpe, foulard, occhiali, pashmine&co sono tentazioni in continuo divenire. A ogni brezza, a ogni cambio di stagione, mutano, sposano trend diversi. E noi non ne abbiamo mai abbastanza. Difficile sceglierli? No, se si tiene presente una regoletta semplicissima, quella dei contrasti. Tailleur serio uguale borsa e calzature ardite, o viceversa. L’importante è uscire dalla banalità dei coordinati, dei completini, poi il gioco è fatto.

Da giovedì sulle pagine de La Stampa vi racconteremo quali saranno le mode del prossimo autunno inverno. Intanto, oggi, vi segnaliamo gli accessori di punta per la primavera estate, adatti ai vari tipi di donna. Cominciamo dalle borse: sono segnaletiche. Tradiscono la personalità di chi le sceglie rivelandone vizi e virtù. Per qualcuna, poi, sono addirittura un efficace mezzo di comunicazione. La Regina Elisabetta, per esempio, usa la borsetta per lanciare messaggi cifrati alle sue dame di compagnia. Se «the queen» la apre e la richiude ripetutamente significa che è stufa. La damigella ha quindi il compito di aiutarla a rendere più piacevole la conversazione con il suo interlocutore. Quando invece, a fine pasto, la appoggia sul tavolo vuol dire: «andiamocene, ne ho abbastanza». Tutto ok se invece la fa dondolare al braccio. Ma Elisabetta, si sà, non segue i trend, anzi. Da anni sceglie sempre lo stesso modello, piccolo e rigido. Tutto il contrario di noi comuni mortali che a ogni piè sospinto desideriamo rivoluzionare il guardaroba con tocchi nuovi. Magari con l’ennesimo paio di calzature che pensiamo ci farà sentire più alte, più belle, più magre...Siamo tutte un po’ Imelda Marcos, almeno nelle intenzioni, bulimiche di scarpe che vorremmo collezionare come francobolli. Che cosa ci frena oltre al portafoglio già sottile come un’acciughina, depauperato dalla spese vive? I trend comportamentali che all’improvviso diventano dei mantra da seguire per resistere alla voglia incontrollabile di tuffarci nello shopping sfrenato.

Uno dei più seguiti è quello dei «new sofisticated». Come si riconoscono? Vestono con raffinatezza, ma si nota soltanto osservandoli da vicino. Hanno orrore delle palestre, preferiscono le gallerie d’arte. Snobbano la Sardegna in favore di mète che trasudano storia. Anelano a un’eleganza e uno stile di vita scandito da linguaggi estetici sfaccettati, lontani dai codici tradizionali che fino a ieri delimitavano i cliché del buon gusto.

Saturi della finta democrazia «da indossare» divulgata dallo sportwear i «new sofisticated» si differenziano a colpi di sottili ricercatezze. Per allontanarsi dall’ovvio, dal banale, dal dozzinale classico che appiattisce tutto.

I meccanismi che muovono gli scenari di questa tendenza dovrebbero partire dall’anima e poi tradursi in un guardaroba che ha l’unica funzione di vestire la personalità di chi lo sceglie. Da qui le grandi differenze che formano un caleidoscopio di generi dai quali attingono in maniera soggettiva i nuovi sofisticati.

E anche la sensualità è un fattore da non sottovalutare. Per noi donne torna a esprimersi con un recuperato pudore d’antan, attraverso una chioma sciolta, un paio di vezzosi sandali che sbucano dai pantaloni maschili, una camicetta appena schiusa che non mostra neppure un centimetro di biancheria intima. Pure la scelta del profumo rientra nell’ottica della semplicità pensata. Lascia il segno, ma non deve inebriare.

La differenza fra il nuovo e il vecchio chic è la stessa che passa tra una sacher torte e una crostata. Il vecchio chic è pesante, il nuovo è light, come un prodotto dietetico.