16 febbraio 2020 - 11:15

Lorenzo, morto di anoressia a 20 anni. I genitori: «Noi, lasciati soli contro la malattia»

La denuncia della mamma e del papà di Lorenzo Seminatore: in Italia mancano strutture adeguate

di Simona Lorenzetti

Lorenzo, morto di anoressia a 20 anni. I genitori: «Noi, lasciati soli contro la malattia»
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«Mamma stai tranquilla, sono magro ma sono in forze». È il 3 febbraio. Lorenzo Seminatore sale in camera e si addormenta. Nel silenzio, il suo cuore smette di combattere e si arrende alla malattia. Quel male subdolo, che sei anni prima ha infettato i suoi pensieri, prende il sopravvento. A ucciderlo è l'anoressia. «Abbiamo fatto di tutto per aiutarlo, ma non è stato abbastanza», raccontano mamma Francesca e papà Fabio. Lorenzo aveva solo 20 anni, era il più grande di quattro fratelli. E ora che non c’è più, i genitori non vogliono che la sua storia rimanga chiusa nel cassetto dei ricordi. Vogliono raccontarla, «perché ci sono altre famiglie che stanno vivendo il nostro calvario. E sappiamo quanto ci si senta soli. Vogliamo scuotere la coscienza delle istituzioni, perché è inaccettabile che in un Paese come l’Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di accogliere e curare ragazzi come nostro figlio. Negli ospedali si limitano a parcheggiarti in un reparto e a somministrare flebo per integrare il potassio. Poi ti rimandano a casa, fino al prossimo ricovero». È un grido di dolore, ma anche una denuncia sociale quella che lanciano Francesca e Fabio.

Il primo campanello d'allarme a 14 anni

Lorenzo si ammala a 14 anni, quando inizia a frequentare il liceo scientifico. «Ha cominciato a mangiare sempre meno. È stato il campanello d'allarme». Giorno dopo giorno, la situazione peggiora. «Dimagriva, non stava bene». Le visite specialistiche non sembrano servire a nulla. «Non mangio perché so che così prima o poi muoio. Non ho il coraggio di salire le scale fino al terzo piano per buttarmi», confessa il ragazzo al neuropsichiatra. «Eravamo spaventati — racconta la mamma —. A 16 anni abbiamo deciso di ricoverarlo privatamente in un centro terapeutico a Brusson, in Val d’Aosta. Lì sembrava essere rinato. Il preside dell’istituto Majorana di Moncalieri, Gianni Oliva, e gli insegnanti ci sono stati di grande aiuto. Quando è uscito dalla clinica, era di nuovo il nostro Lorenzo: ingrassato di venti chili, felice. Ha ripreso a uscire con gli amici». Il ritorno al liceo e gli esami di maturità, però, lo mettono a dura prova. Si iscrive a Filosofia, ma dopo pochi mesi decide di provare con Scienze della Comunicazione. Non è quella la sua strada. Molla tutto e trova rifugio nella musica trap, una derivazione dell’hip pop. Scrive canzoni, le pubblica su Spotify e You Tube. Si fa chiamare «Once the Killer». I testi parlano di lui: sogni, ansie, desideri, paure. Immagini a tinte forti: «Sono cresciuto con la "para" di morire giovane».

Il crollo ai 18 anni

«Il crollo è avvenuto dopo la maggiore età — continuano i genitori —. A quel punto Lorenzo poteva decidere per sé e noi siamo diventati impotenti. Non sapevamo più cosa fare. Si mostrava collaborativo con i medici, ma continuava a non curarsi. Quando veniva ricoverato, firmava per essere dimesso: era maggiorenne e libero di decidere». Anche di morire. «La depressione giovanile è in aumento, come l'anoressia tra i ragazzi — denuncia il papà —. E in Italia non ci sono strutture pubbliche adeguate. Quando è stato ricoverato in ospedale, lo scorso maggio, Lorenzo passava le sue giornate a fissare il muro. Questi ragazzi devono essere curati e non tutti possono permettersi centri privati. Le istituzioni devono muoversi: prima con la prevenzione nelle scuole e poi investendo nella sanità. Mancano anche i percorsi di sostegno alle famiglie».

«Ora aiuteremo gli altri»

«Ho visto morire mio figlio lentamente — conclude Francesca —. Non voglio che succeda ad altre madri. Stiamo studiando un progetto che coinvolga privati e istituzioni e che sia di sostegno a questi ragazzi. Lorenzo aveva un grande cuore, voleva sempre aiutare gli altri. Adesso lo faremo noi per lui».

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