14 febbraio 2020 - 12:42

Il boss Graviano: «Concepii mio figlio al 41bis grazie alla distrazione degli agenti»

Il capomafia di Brancaccio ha parlato collegato in videoconferenza al processo di Reggio Calabria contro la ‘ndrangheta

Il boss Graviano: «Concepii mio figlio al 41bis grazie alla distrazione degli agenti» Un’immagine d’archivio del boss mafioso Giuseppe Graviano.
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Il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano (1963), in carcere al 41 bis da 26 anni, torna a parlare in videoconferenza al processo sulla ‘ndrangheta in corso a Reggio Calabria. E rivela un particolare privato: «Non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio mentre ero al carcere duro, perché sono cose intime mie. Dico solo che non ho fatto niente di illecito, ci sono riuscito ringraziando anche Dio e sono rimasto soddisfatto. Non ho chiesto alcuna autorizzazione, ma ho approfittato della distrazione degli agenti del Gom...».

Detenuto all’Ucciardone

Graviano — arrestato a gennaio del 1994 — risponde alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo sul concepimento del figlio avvenuto nel 1998, mentre si trovava detenuto al carcere Ucciardone. Non è chiaro se questo sia avvenimento con il passaggio di una provetta o facendo entrare la compagna in carcere, nascosta tra la biancheria. Fino a pochi anni fa si pensava che Graviano e suo fratello Filippo avessero fatto ricorso all’inseminazione artificiale. «Anche quando venni arrestato le dicevo dal carcere di farsi la sua vita». «Invece lei è voluta restare con me e così le dissi di preparare i documenti e di sposarci», ha aggiunto Graviano. E ci siamo sposati. Ma certo non dormivamo in cella assieme, come è stato scritto. I miei figli non dovevano nascere in Italia e infatti sono nati in Svizzera». E ha concluso: «Sulla procedura di concepimento mi istruì «un ginecologo che non posso certo nominare».

Il capomafia condannato per le stragi mafiose e per l’omicidio di don Pino Puglisi, starebbe per pubblicare un libro sulla sua vita. Ad annunciarlo è lo stesso boss nel corso della videoconferenza. «Io penso che sia pronto, forse anche più di un libro», ha detto. E il pm Lombardo gli ha letto un’intercettazione in carcere del 2018 quando il figlio Michele gli disse che la casa editrice sarebbe stata pronta a pubblicare il libro «ma con uno pseudonimo». All’epoca il boss avrebbe detto “Madre Natura”, cioè il soprannome con cui lo hanno definito i pentiti di mafia. «Pure gli agenti in carcere mi chiamano con questo nome. Io non lo sapevo. Ma poi che c’è di male? A Brusca lo chiamano il “porco” e almeno a me mi chiamano “Madre Natura”», ha concluso.

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