12 febbraio 2020 - 07:12

«Pamela Mastropietro drogata dal fidanzato». Il pm: sei anni di carcere

La Procura accusa il 21enne Andrei Claudiu Nitu di aver spinto l’allora 16enne romana alla tossicodipendenza e alla prostituzione. La ragazza fu uccisa appena fuggita dalla comunità in cui era per disintossicarsi

di Giulio De Santis

«Pamela Mastropietro drogata dal fidanzato». Il pm: sei anni di carcere
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È stato il fidanzato di Pamela Mastropietro, la 18enne violentata, uccisa e fatta a pezzi a Macerata il 30 gennaio del 2018 da Innocent Oseghale a indurla a drogarsi e a rubare in casa. Un rapporto durato dieci mesi tra settembre 2016 e giugno 2017, periodo durante il quale Andrei Claudiu Nitu, 21 anni, romeno, conduce la ragazza, all’epoca ancora minorenne, sulla strada della droga, anticamera della sua tragica fine. È lui - secondo la Procura che ne ha chiesto la condanna a sei anni e sei mesi di carcere - a cedere eroina a Pamela. Poi tenta di farla prostituire, convincendola ad avere un rapporto intimo con un cliente. La giovane, però, si oppone alla pretesa di Nitu con fermezza. E infine è l’imputato, come ricostruito dall’accusa, che spinge Pamela a rubare da casa apparecchi e oggetti preziosi con l’obiettivo di rivenderli per poi intascare denaro fresco e comprare eroina.

Il pm Maria Teresa Geraci ripercorre il rapporto tra la 18enne e Nitu durante la requisitoria, svoltasi nella prima udienza del giudizio abbreviato, il rito con cui l’ex fidanzato ha scelto di farsi giudicare. Le accuse: cessione di sostanze stupefacenti, tentata induzione alla prostituzione di minorenne e circonvenzione d’incapace. Soprattutto è attraverso quest’ultimo reato che il pm descrive il rapporto tra Pamela e l’imputato. La Procura infatti sottolinea che, fino all’ultimo giorno in cui i due sono stati insieme, Nitu si è approfittato della «deficienza psichica di Pamela, in quanto affetta da un disturbo da uso di sostanze stupefacenti in un contesto di disturbo borderline della personalità». Una situazione preoccupante, che fin da subito allarma la famiglia della giovane.

È la mamma, Alessandra Verni - rappresentata come parte civile dall’avvocato Marco Valerio Verni - a denunciare Nitu. La madre di Pamela si presenta negli uffici del commissariato San Giovanni undici volte in due mesi. La prima accusa contro il ragazzo la deposita il 24 aprile del 2017. Anche la nonna della 18enne, Giovanna Rita Bellini, corre allo stesso commissariato a denunciare Nitu, arrestato poi per una serie di rapine contro minorenni. Le denunce sono una dimostrazione della sofferenza dei familiari, che tentano in ogni modo di tenere la ragazza lontano dai guai.

Nitu e Pamela si conoscono nel settembre del 2016. La giovane, fino a quel momento, non si è mai drogata. Soffre però di disturbo della personalità. E lui, incurante delle sue condizioni, la spinge a provare l’eroina. Lei, all’epoca sedicenne, se ne innamora, lo segue e si fida. Lui si spaccia per un pugile, la induce a rubare oggetti da casa. Una volta è la televisione, dopo il pc, poi il lettore dvd, i gioielli, infine un quadro. Nitu rivende tutto e spesso trattiene i soldi per sé, talvolta ci compra l’eroina per Pamela. Alla fine i genitori riescono ad allontanare la figlia da Nitu. Pamela, a ottobre del 2017, viene ricoverata in comunità per curare i problemi di personalità aggravati dall’eroina. Poi però il 30 gennaio del 2018 si allontana dalla struttura e trova sulla sua strada il nigeriano Oseghale, condannato all’ergastolo per averla violentata, uccisa e infine fatta a pezzi.

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