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UniCredit, via al countdown sui 6mila esuberi: 50 giorni per l’accordo sindacale

Il gruppo invia la lettera di avvio procedura ai rappresentanti dei lavoratori: il piano Team 23 prevede la chiusura di 450 filiali e una riorganizzazione che porterà 5.500 nuove eccedenze oltre alle 500 delle nuove operazioni di Transform 2019. I sindacati chiedono un nuovo assunto ogni due uscite

di Cristina Casadei

Bisoni: «Nel nuovo piano Unicredit focus su clienti e sostenibilità»

3' di lettura

Tra il 2019 e il 2023 la realizzazione di una vasta serie di misure e di ottimizzazione dei processi di lavoro porterà a un eccesso della capacità produttiva per circa 6mila bancari full time equivalent del gruppo Unicredit che, nello stesso periodo, prevede anche la chiusura di 450 filiali. Ieri i sindacati, Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin, hanno ricevuto la lettera di avvio procedura che prevede 50 giorni per raggiungere un accordo: questo significa che entro la fine di marzo il capitolo esuberi potrebbe essere archiviato, a patto di trovare un accordo con i sindacati che venerdì 14 febbraio hanno in agenda il primo incontro con la banca. Per il 21 febbraio è invece arrivata la convocazione dei vertici del gruppo da parte del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo.

Il piano Team 23 fa leva su 5 aree principali spiega la banca ai sindacati: la semplificazione e razionalizzazione delle strutture di governance headquarter e network, la revisione dei modelli di servizio, la trasformazione di rete con la chiusura di filiali e la migrazione delle transazioni sui canali evoluti e sul self service, la revisione del modello operativo e il ridisegno del front to back dei processi e infine la dematerializzazione e digitalizzazione della documentazione cartacea. Un dato su tutti, tra quelli citati nella missiva ai sindacati, è sicuramente il fatto che le operazioni allo sportello della clientela sono calate del 55%.

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Come hanno detto varie volte nei giorni scorsi, le organizzazioni sindacali chiedono un nuovo bancario assunto o stabilizzato ogni 2 che escono, ma di questo nella lettera non c’è traccia. I sindacati sono molto critici rispetto al piano, alla sostenibilità che gli obiettivi di produttività e redditività hanno per le risorse umane e ai suoi numeri. Gli autonomi della Fabi, guidati da Lando Maria Sileoni, spiegano che Unicredit continua ad avere un atteggiamento inaccettabile: «L’amministratore delegato Jean Pierre Mustier si illude di poterci squadernare un piano a scatola chiusa, di fatto senza discutere i numeri, tutti già cristallizzati nella lettera di avvio di procedura sul confronto che ci è arrivata», dice Sileoni che ribadisce che «a fronte di ogni due eventuali esuberi, dovrà corrispondere almeno un’assunzione, ma anche che tutti gli argomenti del piano industriale, nessuno escluso, andranno condivisi con le organizzazioni sindacali». «Deve essere chiaro che non siamo disposti a discutere di esuberi se contemporaneamente non si parlerà anche di assunzioni. La nostra richiesta è che ogni due uscite sia prevista almeno un’assunzione», conferma Riccardo Colombani della First Cisl.

Nella sua analisi Sileoni osserva anche che il piano Transform 2019 ha realizzato tagli maggiori di quelli previsti, il cost-income della banca è oggi al 52%, tra i migliori in Europa e che il 70% dei tagli di persone e filiali è in Italia, l’area di maggiore profittabilità. E proprio per questo, osserva Giuliano Calcagni della Fisac Cgil, «oltre a ritenere il numero di esuberi dichiarati spropositato chiederemo verifica sui livelli occupazionali e sullo stato delle agenzie in chiusura, ci aspettiamo risposte che contemperino oltre a un numero adeguato di assunzioni soluzioni condivise su tutti gli argomenti del piano industriale. La territorialità dell’istituto, i livelli occupazionali e salariali non potranno certo essere sacrificati in nome degli utili che monsieur Mustier pensa di poter redistribuire ai propri azionisti». Per il segretario generale aggiunto della Uilca, Fulvio Furlan, il confronto deve «portare a rivedere l’impatto sull’occupazione, limitando le uscite a logiche volontarie e incentivate, a prevedere assunzioni e a dare concreti segnali che UniCredit vuole essere una banca pienamente radicata sul territorio e inserita nel tessuto economico e sociale italiano». Per Unisin «peccato che mentre UniCredit ha ottenuto tutti gli obiettivi di riduzione costi ipotizzati nel precedente piano industriale, le automatizzazioni promesse a compensazione delle uscite di personale, comunque messe in atto, siano rimaste un’utopia».

In particolare la missiva spiega che delle 6mila eccedenze 500 sono dovute alla realizzazione delle azioni del piano Transform 2019 nella Banca commerciale italiana, mentre 5.500 sono nuove eccedenze di capacità produttiva riferibili al periodo 2020-2023. La banca intende valutare come via prioritaria il ricorso al Fondo di solidarietà per la risoluzione dei rapporti di lavoro volontaria e incentivata. Anche per questo nel piano industriale che è stato presentato in dicembre era stato messo in preventivo un “budget” di 1,1 miliardi per gestire la riorganizzazione lato risorse umane.

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