TORINO. «Non ho avuto il coraggio di denunciare subito la violenza perché avevo vergogna di me stessa. Non volevo ferire mia madre».

Vent’anni, torinese, una psiche fragile per una lunga dipendenza dal crack, solo dopo un giorno di tormenti ha trovato il coraggio di confessare alla mamma di essere stata violentata.

Insieme si sono rivolte alla polizia. «Un magrebino mi ha avvicinata in via Nizza, mentre aspettavo un’amica. Con la scusa di regalarmi della roba buona mi ha portato in stazione, a Porta Nuova. Mi ha fatto entrare in un vagone fermo su un binario e mi ha violentata, dicendo che mi avrebbe tagliato la gola se non facevo quello che voleva».

Da questo racconto gli agenti della sezione investigativa del commissariato San Paolo, sono riusciti ad identificare l’aggressore: Haytham M’Sadak, 23 anni, tunisino, senza fissa dimora. I poliziotti lo hanno rintracciato e sottoposto a fermo con l’accusa di violenza sessuale 5 giorni dopo l’aggressione.

L’uomo è stato scovato di fronte a Porta Nuova, tra gli sbandati che bivaccano sotto i portici. Per camuffarsi, indossava occhiali da vista con lenti finte. In sede di convalida del fermo, il pm Gianfranco Colace ha ottenuto dal gip la custodia cautelare in carcere per gravi indizi.

L’offerta di una dose

L’aggressione è avvenuta nel pomeriggio del 30 gennaio scorso. Haytham M’Sadak, conosciuto dalle forze dell’ordine per piccoli guai con la giustizia, non è mai stato arrestato per spaccio di stupefacenti. Un elemento fondamentale, secondo gli investigatori. Perché incrociando quella ragazza in via Nizza, ne ha colto la fragilità, per la tossicodipendenza, ed ha fatto finto di essere un pusher, per attirarla nella sua trappola. «Quell’uomo mi ha avvicinato dicendo che poteva farmi fumare gratis. E che poi mi avrebbe regalato una “pallina” di droga. Incuriosita dall’offerta mi sono fidata di lui, anche se non l’avevo mai visto prima».

La ragazza stava aspettando un’amica che sarebbe arrivata in treno da lì a poco. Anche lei con problemi di droga. «Con quella pallina in regalo - ha spiegato la ventenne ai poliziotti - avrei fatto una sorpresa alla mia amica. Così ho deciso di fidarmi». Lui l’ha invitata a entrare in stazione. «Siamo andati in fondo alla banchina, a sinistra, al fondo del binario 6. Ci siamo infilati in un vagone fermo, per stare più tranquilli». Una volta a bordo, l’ha violentata minacciandola di avere un coltello. Nessuno si è accorto dell’aggressione.

I filmati

Dopo quasi mezz’ora, l’ha lasciata andare. «Sono tornata verso l’atrio, senza voltarmi. Ero sconvolta». Per un tratto la ragazza è passata vicino ai binari, barcollando. Lui l’ha seguita per un po’, all’interno della stazione, tra le gente. Poi è fuggito. Parte della scena, - l’ingresso in stazione e la fuga- sono stati ripresi dalle telecamere di sicurezza di Porta Nuova. Dalle immagini e dal racconto della ragazza, gli agenti hanno ricavato un identikit.

Nei giorni seguenti hanno controllato la zona, convinti che si sarebbe rifatto vivo. La sera della violenza, però, quando ancora la polizia non sapeva nulla della violenza, era stato arrestato per resistenza per aver creato dei problemi al pronto soccorso del Mauriziano. Infuriato per l’attesa cui era stato costretto il padre, in coda per una visita, si era scagliato contro i medici e i poliziotti di una volante. Due giorni dopo è tornato in libertà. Così è ritornato a Porta Nuova. Dove è finito in manette. Ma questa volta per un’accusa più grave. —

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