Il romanticismo è vivo. Ma complicato. Il matrimonio inteso come cerimonia (per cui si spende in media in Italia 28mila euro) è un bene rifugio in ascesa.

E sono soprattutto le 20-30enni che vogliono ancora la favola. Che sospirano davanti all’anello di fidanzamento di Kitty Spencer, la nipote prediletta di Lady D: e fa niente se il futuro marito ha qualche anno in più di suo padre. Ma amarsi e sposarsi al tempo dell’emancipazione, del #metoo e di Tinder può essere un gran casino.

Rubriche del cuore  E l’analfabetismo sentimentale dilaga. Così se ne parla e se ne scrive tantissimo, e si intasano le rubriche del cuore: Modern Love del New York Times quest’anno ha ispirato anche una serie tv per Amazon Prime. Le lettere pubblicate dalle Agony aunts di tutto il mondo (su La Stampa se ne occupa Maria Corbi) sono uno spazio in cui si racconta meglio che in altri contesti la realtà che cambia, la nuova normalità di coppie omosessuali, stipendi maschilisti, donne che sfuggono la maternità.

Pure Amanda Knox, per dire, ne tiene una, sul Westside Seattle. Ma perché oggi le relazioni sentimentali si sono fatte così complicate? Lo chiediamo a Irene Soave, millennial per il rotto della cuffia, essendo nata nel 1984 (anno tra l’altro in cui Donna Letizia è stata sostituita da Raffaela Carrà come rubrichista di bon ton sul settimanale Gente) ed espertissima del tema avendo pubblicato Galateo per ragazze da marito (Bompiani), sarcastico inventario delle norme a cui attenersi per accasarsi con dignità.

Fonte: un centinaio di manuali per signorine usciti fra l’Unità d’Italia e il ’68. «Ossessione che nasce da una constatazione: non c’è nessun altro gruppo sociale a parte le femmine al quale si danno così tante istruzioni per appartenervi», spiega. «Non c’è la stessa massa di pubblicazioni, film, tutorial per insegnare come essere perfetti anziani o maschi eterosessuali. Cosa che mi fa sorridere, ma pure soffrire. Anche perché mi è sempre venuto spontaneo trasgredire a parecchie di queste presunte regole di femminilità».

Però certi role model femminili sono duri a morire, e anche la fascinazione per un vago ideale di romanticismo del passato riemerge.

Epoca libera «È una cosa che mi stupisce molto, ma ho notato che praticamente tutte le mie amiche, anche le donne più intelligenti che conosco, si sono interessate maniacalmente al primo royal wedding. Del resto il matrimonio di Kate e William ha avuto 3 miliardi di spettatori, quasi la metà della popolazione mondiale. Siamo in un’epoca libera e libertaria, eppure queste cose ci piacciono. L’ho preso con divertito sconforto: ora che sembrava che potessimo avere tutto, ma davvero siamo tornate al sogno del matrimonio? Al mito della femmina che fa la femmina? Che Kate Middleton incarna perfettamente: campionessa di soft power, dimessa ma elegante, a immagine e somiglianza della donna Anni 50». Quella che sa stare un passo indietro, come piace anche ad Amadeus.

«Mentre Meghan Markle si discosta da questa idea di femminilità e infatti le donne della mia generazione la trovano una stronza, l’hanno sommersa di biasimo sui social. Siamo proprio dei conservatori: penso accada perché noi nate negli Anni 80 siamo state educate a lavorare, essere indipendenti, ma non è mica facile. Tenere insieme tutto è complicato e allora in tante si chiedono: non è che forse era meglio prima? Secondo me no, non credo che si stesse meglio quando dovevamo solo farci scegliere e non potevamo scegliere. Però una volta esisteva un protocollo in amore mentre oggi c’è la massima deregulation e il gioco si è fatto tosto. E la reazione tipica di fronte alla complessità, anche in politica, è tornare a semplici ricette del passato».

I rituali  E del passato tornano in voga anche alcuni rituali. «Come l’anello di fidanzamento, un simbolo che nella nostra generazione va fortissimo. Il retaggio di un’usanza che non riflette più i tempi e che nasce a fine 800 tra l’alta borghesia come il primo gioiello che una nubile può legittimamente indossare in società. Una donna non sposata non poteva andare in giro ingioiellata, non avendo entrate proprie era volgare, sospetta, da dove venivano quei beni? Le parure sfarzose erano appannaggio delle mogli che gareggiavano ai balli a colpi di preziosi, come racconta Matilde Serao in Saper Vivere. L’anello di fidanzamento serviva invece a dire che quella ragazza era promessa a qualcuno che aveva versato una cauzione per accaparrarsela. E diceva molto anche della solvibilità del promesso sposo: esiste una proporzione diretta tra anello e entrate, deve costare due mensilità di stipendio o rendita del futuro marito. E, pazzesco, ho scoperto che ancora oggi questa regola viene rispettata dai miei coetanei. Noi millennial con i nostri lavori da fame ci teniamo a svenarci per un pegno d’amore».—

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