parlare dell’epidemia

Coronavirus, per l’Oms ora è allarme «infodemia». E i social si schierano

Per l’Organizzazione mondiale della Sanità a complicare la gestione dell’epidemia concorre la diffusione di fake news sul virus, sulla pericolosità e sui rimedi

di Marco lo Conte

Che cosa sono i coronavirus

5' di lettura

Ormai lo certifica anche un'istituzione internazionale. E non una caso: l’Organizzazione mondiale della sanità, quella che si occupa e si preoccupa innanzitutto della salute degli esseri umani. C'è una sindrome che condiziona pesantemente la nostra mente, la nostra attenzione, la nostra capacità di comprensione, di elaborare le informazioni che riceviamo e di ricostituirle. Ed è qualcosa che – nella civiltà dell'informazione - popola il nostro ecosistema in modo ormai strutturale. Infodemia è il termine usato dall'Oms per indicare quell'«abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno».

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Pandemie a infodemia
Una pioggia di notizie in cui si incrociano e si confondono verità e falsità, dicerie e conferme, ipotesi, assiomi, teoremi. L'allarme lanciato dall'Oms è stato al centro di un focus diffuso pubblicato “per rintracciare e rispondere a falsi miti e voci” sul virus di Wuhan. L'organizzazione con sede a Ginevra è particolarmente impegnata nella gestione delle notizie che riguardano il Corona Virus e che è decisivo sotto diversi punti di vista: per la gestione dell'epidemia del virus in senso stretto, ma anche per gli effetti che gli allarmi immotivati provocano nella popolazione. Si pensi ai numerosi casi di intolleranza nei confronti di cittadini cinesi in giro per il mondo, Italia compresa.

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Coronavirus, arriva altra epidemia: le fake news

Certo, il Corona virus può preoccupare e spaventare: ma è anche noto che la mortalità di questa infezione è decisamente più alta rispetto alle “comuni” influenze che ogni anno d’inverno colpiscono milioni di persone e mietono un numero di vittime vicino all’1%. Il corona virus sfiora il 3% dei casi accertati, cui occorrerebbe aggiungere tutte le migliaia di persone per le quali il virus non è stato rilevato per assenza di sintomi. La mortalità della Spagnola che nel 1918 falcidiò l’Europa fu di poco superiore al 2%.

La mappa interattiva dei contagi e delle vittime del coronavirus
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Allarme a Wall Street
Il tema è scottante: le Borse internazionali hanno oscillato in modo rilevante sull’onda delle notizie sull’allargamento del contagio. Tanto da spingere la Sec, Security and Exchange Commission (la Consob statunitense), a mettere in guardia gli investitori dalla diffusioni di notizie riguardanti aziende in vario modo connesse al settore della farmaceutica e della cura. Il riferimento è ad alcune campagne promosse cioè, finanziate sui social media in modo che venissero distribuite su larga scala, riguardanti la possibilità che prodotti o attività di società quotate possano prevenire, individuare o curare il Corona virus. Com’è intuibile, informazioni non confermate potrebbero far impennare o crollare i titoli del settore e il rischio frode. È lo schema”pump-and-dump” ben noto ai truffatori, così come alle autorità di vigilanza: si fanno circolare notizie estremamente ottimistiche, si beneficia del rialzo dei titoli e si vende prima della smentita e del crollo inevitabile dei titoli. Un rischio rilevante soprattutto per le aziende di piccole dimensioni. Da qui l’intervento della Sec, particolarmente impegnata a garantire la trasparenza del mercato e la correttezza delle informazioni, cui sono diverse pervenute denunce di campagne promozionali definite “report di ricercatori” che indicano la previsione di rialzo di azioni.

Social vigilati speciali. E mobilitati
Per questo sotto la lente ci sono anche i social media che si sono mossi tempestivamente: Facebook ha deciso di eliminare dalla propria piattaforma e da Instagram notizie false o fuorvianti sul Corona Virus. Una mossa inedita, visto che la piattaforma di Mark Zuckerberg ha sempre dichiarato di non volersi comportare come un editore e in passato - di fronte a fake news segnalate da utenti o dalla rete internazionali di soggetti che vengono attivati in questi casi per un’azione di fact-checking - non avevano rimosso i contenuti ma ridotto enormemente la diffusione dei post incriminati. Evidentemente il tema salute ha spinto i vertici dei social ad un approccio più rigoroso: anche Twitter è intervenuta stringendo un accordo con il Ministero della Salute, al cui account vengono indirizzate le ricerche e gli hashtag sul tema #coronavirus

Manipolazioni e psicosi
Da sempre l'impatto delle notizie sui comportamenti umani è oggetto di riflessione e attenzione: l'intreccio del Nome della Rosa (Umberto Eco, 1980, su una vicenda ambientata nel dodicesimo secolo) ruota sul rischio connesso alla lettura di un libro considerato “pericoloso”. Ma la moltiplicazione della possibilità di ciascun cittadino di comunicare in modo anche anonimo, su ciascun argomento ha portato la questione a un livello totalmente diverso. D’altronde è recente la memoria della vicenda Cambridge Analytica, con il condizionamento delle elezioni di Trump, così come del referendum su Brexit, consultazioni caratterizzate da campagne social che hanno alzato l’attenzione sulle potenzialità di questi strumenti. Spingendo il dibattito pubblico sul tema fino a ipotizzare varie forme di controllo sugli account social (la proposta di registrazione con documento). Ma la velocità tecnologica è tale che il deep fake (la manipolazione di video con personaggi noti cui vengono fatte dire frasi che non si sognerebbero di pronunciare) che solo ieri scandalizzava e preoccupava, domani rischia di essere desueto.

Il medico conferenziere
Molta acqua è passata sotto i ponti dai Persuasori occulti di Vance Packard degli anni '50, dal “Pensieri lenti pensieri veloci” di Daniel Kahneman (psicologo vincitore nel 2002 del Nobel per l'Economia) al recente Factfulness di Hans Rosling. Nel suo libro spiega l’importanza di gestire le informazioni in occasioni di epidemie; e lo spiega da medico impegnato in Africa a circoscrivere i focolai di infezione e a comunicare agli organismi internazionali informazioni attendibili riguardanti la diffusione delle malattie in quelle terre.

Rosling, in ragione di questa esperienza, ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita conclusasi nel 2017 a spiegare in centinaia di conferenze che la percezione che abbiamo della realtà non coincide un granché con la realtà. Perfino i potenti del mondo riuniti a Davos non sono stati in grado di rispondere correttamente alle dieci domande poste loro da Rosling sull'attualità, dalla copertura vaccinale in Africa alla scolarizzazione in India fino alla crescita della popolazione mondiale. Tra percezione e realtà c'è un'infodemia che in questi giorni fa circolare in rete la notizia sull'efficacia dell'aglio contro il corona virus o che l'infezione possa essere trasmessa attraverso lettere e pacchi postali provenienti dalla Cina.

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Cosa dice la neuroscienza
Dura la vita delle informazioni basate sulle evidenze scientifiche, che non in situazioni ottimali non abbiamo difficoltà a credere. Ma un diluvio di informazioni tendenziose che toccano le nostre paure e parlano alla nostra parte emotiva, sono notevolmente più efficaci delle notizie suffragate da razionali circostanze oggettive. La ragione non è lontana ma nascosta nei meccanismi di funzionamento del nostro cervello, in cui la parte limbica, associata all'emotività, consuma una quantità di glucosio pari a tre volte quella consumata dalla corteccia cerebrale, frutto dell'evoluzione degli ultimi due milioni di anni, a cui dobbiamo capacità di calcolo e astrazione. Ma evidentemente meno forte della parte limbica di attirare la nostra concentrazione.

(articolo aggiornato il 7 febbraio 2020)

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