3 febbraio 2020 - 18:19

Coronavirus, c’è chi crede derivi dalla birra Corona: le strane ricerche su Google

Impennata di «beer virus» e «Corona beer virus» sul motore di ricerca: scatta l’ironia dei social. L’azienda costretta a chiarire: «Nessuna connessione»

di Alessandro Vinci

Coronavirus, c'è chi crede derivi dalla birra Corona: le strane ricerche su Google
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Inizialmente si pensava a un bizzarro fraintendimento di qualche utente particolarmente distratto. Poi il fenomeno ha iniziato ad assumere proporzioni inaspettate, tanto da costringere perfino diversi telegiornali – ad esempio l’americano Fox News – a chiarire che no: il coronavirus non ha nulla a che fare con la birra Corona.

Coronavirus, c’è chi crede derivi dalla birra Corona: le strane ricerche su Google

Succede anche questo in tempo di psicosi, e a dimostrarlo sono innanzitutto i grafici di Google Trends. È infatti evidente come, nelle ultime due settimane, le ricerche mondiali dei termini «beer virus» e «Corona beer virus» siano aumentate in maniera esponenziale. I Paesi più attivi in tal senso? Nel primo caso Portogallo, Argentina e Paesi Bassi. Nel secondo Malesia, Danimarca, Romania e Taiwan. Pochissime ricerche invece in Italia.

In attesa di verificare se l’equivoco avrà prodotto – come si sospetta – cali del fatturato, l’ufficio comunicazione di Constellation Brands , l’azienda produttrice di Corona, si è augurato pubblicamente «che i consumatori capiscano che non c’è nessuna connessione » tra il virus e la birra. Eccetto il nome, naturalmente. Da una parte vi è infatti un agente patogeno così ribattezzato in virtù della forma delle spicole che ne ricoprono la superficie, dall’altra un prodotto che richiama la decorazione della torre principale della chiesa di Nostra Signora di Guadalupe a Puerto Vallarta, in Messico, terra d’origine della bevanda.
Intanto però il caso ha già fatto il giro del web , suscitando non poche ironie. Tra le più comuni, quelle che vedono le bottiglie di Corona in quarantena di fronte agli altri marchi del settore.

Chi invece ha voluto leggere nella vicenda un preoccupante segnale per la salute della democrazia ha posto l’accento sulla scarsa capacità critica degli utenti, rei di aver associato due mondi così distanti. Rilievi sensati, ma che andrebbero rivisti alla luce dell’allarme infodemia – la sovrabbondanza di informazioni, anche false, in merito al coronavirus – lanciato domenica dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Perché se tra le notizie verificate si infiltrano fake news e complottismi, allora tutto può improvvisamente apparire verosimile. Anche le teorie più strampalate. Quelle sì che non sono da bere.

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