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Market mover: elezioni italiane, Fed e Brexit all’orizzonte

Le borse affrontano l’esito delle votazioni regionali, l’avvio del divorzio inglese dalla Ue e il comitato della banca centrale americana

di Marzia Redaelli

(Bloomberg)

4' di lettura

L’ottimismo degli investitori ha superato diversi ostacoli: le frizioni geopolitiche tra Stati Uniti e Iran, quelle sui dazi che stanno passando dal fronte Usa-Cina a quello Usa-Unione europea, i flebili miglioramenti del quadro economico nella zona euro, l’inesorabilità della Brexit. A dispetto delle tensioni, la volatilità delle quotazioni resta sui minimi storici, le azioni salgono e le obbligazioni tengono. La tecnologia traina il Nasdaq, che in barba alla guerra commerciale ha già macinato quasi il 5% da inizio anno. Nel vecchio continente le borse sono un po’ più titubanti, ma in una tendenza di crescita, e le 40 società del Ftse Mib milanese hanno riagganciato i 24.000 punti toccati nel 2018, tra un inciampo della politica e uno dell’economia. I listini asiatici sono quelli più tartassati, perché intrappolati in un fuoco incrociato tra le questioni doganali - risolte solamente in piccola parte dalla prima intesa tra Washington e Pechino - la contrazione della domanda globale, la protesta di Hong Kong che mette in discussione l’autorità cinese e, dulcis in fundo, il Coronavirus, che alla borsa di Shanghai ricorda i brutti tempi della Sars.

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Andamento dei principali indici azionari - Dati al 24 gennaio 2020

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Però gli esami sui parterre finanziari non sono finiti. Questa settimana l’agenda degli operatori si apre con le votazioni in Emilia Romagna e in Calabria, considerate un test politico alla coalizione Pd-M5S, prosegue con le riunioni della banca centrale americana e di quella inglese e si conclude con l’avvio della Brexit, passando per alcune statistiche economiche da non sottovalutare.

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Le elezioni regionali e Piazza Affari
Gli economisti delle case d’affari e i gestori non sono preoccupati da una caduta del Governo italiano, anche in caso di vittoria del centro-destra in Emilia Romagna, una storica roccaforte rossa. I mercati, però, sono nemici dell’incertezza ed è presumibile che un colpo a un esecutivo bifronte possa minare la stabilità di Piazza Affari. Le azioni milanesi e lo spread tra BTp e Bund (un termometro del rischio paese) hanno solo sussultato con il ritiro di Luigi Di Maio da leader dei 5 Stelle, per poi chiudere venerdì scorso in bellezza.

«La politica italiana - scrivono gli analisti di BofA Securities - è il fattore più importante del rischio domestico. Non ci aspettiamo elezioni anticipate quest’anno, ma non sarà facile arrivare alla scadenza naturale della legislatura. L’eventualità di un ricorso alle urne sarà comunque una costante nell’anno e la situazione resta fluida. Se la politica è un ottovolante, il quadro macro è variato di poco e vediamo una crescita modesta a +0,3% per quest’anno e a +0,5% per il 2021». Venerdì, insieme al Pil dell’Eurozona (0,3% su base trimestrale e +1,2% annuo a fine settembre) sarà diffusa la prima stima di quello italiano (rispettivamente, +0,1% e +0,3%).

Focus sui tassi americani
Mercoledì 29 si riunisce il comitato della Banca centrale americana e l’interrogativo è sulla eventuale rimozione dell’immissione straordinaria di denaro (oltre 400 miliardi di dollari da settembre) che ha ovviato a pressioni nel pronti-contro-termine (Repo). L’ipotesi di un rialzo dei tassi su queste operazioni disincentiverebbe l’utilizzo dei finanziamenti a termine da parte delle banche e potrebbe avere un impatto iniziale negativo su Wall Street e sui Treasury. Il mercato ha abbassato la probabilità di una stretta sui Repo dall’80% al 50%. Morgan Stanley è tra i convinti che per ora la Fed non intervenga.

Brexit e la Banca centrale inglese
Venerdì 31 gennaio inizia il vero conto alla rovescia sul divorzio del Regno Unito dall’Unione europea, che sarà effettivo il 31 dicembre. La City ha festeggiato la capacità del premier di ottenere l’appoggio del Parlamento e di avviare il processo di uscita dopo una lunga gestazione. Il Ftse 100 di Londra, infatti, dai minimi di inizio dicembre ha recuperato il 6%, nonostante i segnali recenti di sofferenza dell’economia britannica. Giovedì toccherà alla Bank of England, guidata per l’ultima volta dal Governatore Mark Carney, decidere se allentare i tassi dallo 0,75% attuale. Alle prime avvisaglie della sforbiciata, la sterlina ha ceduto sul dollaro, il che potrebbe essere salutare per le esportazioni , ma non per l’approvvigionamento delle molte materie prime necessarie Oltremanica. La decisione non appare chiara, dato che un taglio dei tassi dello 0,25% è dato a 50-50.

Germania sotto osservazione
L’economia tedesca, che ha fornito qualche segnale di ripresa, sarà vagliata con alcuni indicatori macro. Lunedì 27 l’istituto Ifo pubblica l’indice della fiducia delle imprese; a dicembre era salito più delle attese a 96,3 punti e il consenso prevede ancora un rialzo. Giovedì è diffusa l’inflazione (+1,5% a dicembre) e venerdì è la volta dei consumi (vendite al dettaglio di dicembre a +2,1%). Venerdì il giudizio dell’agenzia di rating Moody’s sulla solvibilità di Berlino non dovrebbe riservare sorprese. Tutti i titoli di Stato tedeschi, compresi quelli a lunga scadenza, hanno un rendimento negativo: la scorsa settimana il decennale è diminuito ancora da -0,21% a -0,34%. Cioè che li compra paga anziché ricevere una cedola per impegnare il capitale nel sicuro debito teutonico.

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