Il caso
Firenze, la scuola su internet: «Da noi non sono presenti nomadi». E scoppia la polemica
La nota nella scheda di presentazione sul web dell’istituto «Masaccio». Il provveditore: «Sono statistiche chieste dalla legge, ma sarebbe meglio non pubblicarle online»
FIRENZE La frase sull’assenza di studenti nomadi a scuola appare a pagina 3 del Rav, il rapporto di valutazione dell’istituto comprensivo «Masaccio», scuola appena fuori dal centro storico di Firenze. In poche righe si comunica a tutti (il documento è online e pubblico come prevedono le normative), che «il contesto socio economico della scuola e medio alto con un background familiare tendenzialmente alto». E si spiega che «si tratta per lo più di liberi professionisti, settore terziario e commercianti». Informando inoltre che «risulta infatti 0 la percentuale di genitori disoccupati in tutti gli ordini di scuola». Il rapporto sulla qualità della scuola prosegue poi spiegando che «l’incidenza di studenti con cittadinanza non italiana è di 51 alunni», dunque minimo. E infine letteralmente si scrive: «Non sono presenti studenti nomadi, risulta invece un esiguo numero di studenti provenienti da zone particolarmente svantaggiate».
Le polemiche
Una frase questa che, dopo essere stata pubblicata da un servizio della Nazione, sta provocando non poche polemiche. Non riuscendo a parlare con la dirigente scolastica o un suo sostituto della scuola, abbiamo interpellato il provveditore Roberto Curtolo. Che ci ha spiegato che la normativa nazionale prevede che si specifichi anche la presenza di eventuali ragazzi rom nell’istituto insieme anche ai riscontri del livello sociale degli iscritti. «Soltanto per prevedere un’offerta didattica mirata e positiva e certamente non discriminante», spiega il provveditore.
Due documenti
Ma non è discriminante indicare in un documento pubblico la presenza di ragazzi di particolari etnie in una scuola? «Sono personalmente dell’opinione che dovrebbero essere elaborati due documenti — risponde Curtolo —. Il primo, con tutte le statistiche previste dalle normative, interno alla scuola che ha l’obbligo di conoscere anche lo status sociale dei propri iscritti per programmare al meglio gli interventi didattici e pedagogici. Il secondo, privo di dati che possono essere mal interpretati, pubblico per garantire la trasparenza dell’istituto»