16 gennaio 2020 - 22:36

Il gatto selvatico, animale «invisibile» che sfugge alla nostra presunzione

È molto simile al micio di casa, abita il nostro territorio, ma con ogni probabilità nessuno di noi riuscirà mai ad incontrarlo. Il fascino di un imprendibile felino

di Fabrizio Rondolino

Il gatto selvatico, animale «invisibile» che sfugge alla nostra presunzione
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C’è un gatto che con ogni probabilità nessuno di noi riuscirà mai a vedere: è il gatto selvatico europeo (Felis silvestris silvestris), più grosso e robusto del micio di casa — i maschi adulti raggiungono tranquillamente i 60-70 cm di lunghezza, cui va aggiunta una coda di almeno 35 cm — e dotato di una folta pelliccia tigrata grigio-fulva. Popola le foreste dell’Europa centrale ma lo si trova anche in Spagna e in Scozia, e in Italia soprattutto sulle Alpi Giulie e lungo la dorsale appenninica. Una colonia significativa vive in Svizzera, soprattutto nel Massiccio del Giura, dove la locale Pro Natura l’ha scelto come animale dell’anno e «ambasciatore delle foreste selvagge».

Incontrarlo è pressoché impossibile non soltanto perché la popolazione complessiva è assai ridotta — si stima che in Italia ce ne siano non più di 700-800 — ma soprattutto perché vive rigorosamente da solo su un territorio di diversi chilometri quadrati e si mostra soltanto di notte e quasi sempre sugli alberi. Durante il giorno, infatti, resta nascosto negli anfratti del terreno o nelle cavità del sottobosco, da dove fuoriesce al tramonto per arrampicarsi in alto e cominciare la caccia: roditori e altri piccoli mammiferi, uccelli che cattura nei nidi, rane. È un cacciatore formidabile, rapido e possente nel salto, dotato di un udito e di una vista eccellenti: il solo predatore che può avere la meglio su di lui, se riesce a sorprenderlo a terra, è il lupo. La stagione degli amori — l’unica in cui il gatto selvatico europeo incontra i suoi simili — abbraccia i primi mesi dell’anno. Dopo due mesi, le gatte danno alla luce da due e cinque cuccioli, che restano con la madre fino ai cinque mesi di età: dopodiché, all’inizio dell’autunno, ciascuno prende la sua strada nella foresta alla ricerca di un nuovo territorio da abitare.

L’elusività del gatto selvatico europeo lo rende un enigma anche per i ricercatori: di lui sappiamo pochissimo, e quel poco va sempre soppesato con attenzione perché spesso gli esemplari che vengono intercettati e osservati sono in realtà ibridi, frutto cioè di un accoppiamento con un gatto domestico inselvatichito (i nostri mici discendono dal gatto selvatico africano, che è relativamente più socievole, ma possono incrociarsi anche con quello europeo). Alcuni ricercatori svizzeri hanno scoperto che anche il gatto selvatico, come il micio di casa, è magicamente attratto dalla valeriana, e così hanno opportunamente collocato nei boschi un certo numero di assicelle impregnate di valeriana vaporizzata: è stato così possibile fotografare diversi esemplari e, soprattutto, avviare un monitoraggio sistematico della specie grazie alle tracce organiche – l’urina e la saliva lasciate per marcare olfattivamente il legno e i peli caduti – che sono poi state sottoposte ad analisi genetica. In attesa di conoscere i risultati di nuove ricerche e scoprire qualcosa di più, possiamo abbandonarci all’immaginazione.

Del resto, il fascino più grande di un animale che non possiamo incontrare e neppure vedere da lontano sta proprio nella sua elusività, nel suo sistematico e persino cocciuto sottrarsi alla civiltà umana e ai suoi insediamenti, nel suo abitare, simbolicamente ma anche di fatto, un altrove per noi impenetrabile e tuttavia così incredibilmente vicino. Il gatto selvatico europeo non è infatti un animale esotico, non vive agli antipodi e non è troppo diverso dal micio che ronfa sul divano di casa: ma per noi resta invisibile, inattingibile, per sempre assente. Siamo abituati a considerare la natura come un bene a nostra disposizione e di cui ci sentiamo padroni, oppure, nella migliore delle ipotesi, come un museo da conservare con cura per poterlo visitare meglio: e invece esistono animali invisibili, anche sulle nostre montagne, anche nelle nostre foreste, che possiamo soltanto immaginare. A me questa sembra una saggia risposta alla nostra inveterata presunzione.

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