E’ iniziata la resa dei conti dentro il Movimento 5 stelle contro chi non si taglia lo stipendio e ha smesso di restituire parte della sua indennità. Il collegio dei probiviri, formato da Jacopo Berti, Raffaela Andreola e dalla ministra Fabiana Dadone, si è riunito intorno alle 14 insieme ai capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa e Gianluca Perilli e al collegio di garanzia M5s. Sul tavolo i dossier sui parlamentari in ritardo con le scadenze: chi non paga da un anno (sono dieci in totale i casi di morosi da 12 mesi) rischia fino al’espulsione dal Movimento. Nel corso dell’incontro, si legge nella nota diffusa al termine, si è stabilito che l’85% degli eletti sono in regola e tra i 45 e i 50 quelli che devono sistemare la loro posizioni. “I probiviri”, è stato l’annuncio, “apriranno, come da Statuto, i relativi procedimenti”. I provvedimenti saranno “commisurati alla gravità della violazione” e ognuno dei parlamentari messo sotto accusa “avrà dieci giorni per presentare le controdeduzioni”. “Precisiamo”, scrivono ancora i capigruppo, “che, dall’inizio della legislatura, i parlamentari del Movimento 5 stelle hanno restituito oltre 13 milioni di euro, denaro utilizzato per aiutare i cittadini e le piccole e medie imprese”. In particolare, hanno aggiunto, “sono stati impegnati oltre tre milioni di euro per finanziare progetti di sostenibilità ambientale per i quali le scuole pubbliche interessate potranno presentare richiesta entro il 29 febbraio 2020”.

Come si vede sul sito tirendiconto.it, sono dieci i parlamentari che non restituiscono soldi dal 2019. Per la Camera si tratta di: Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Flora Frate, Paolo Niccolò Romano, Andrea Vallascas. Per quanto riguarda il Senato, le caselle delle restituzioni a partire da gennaio 2019 sono ancora vuote nel caso di: Cristiano Anastasi, Vittoria Bogo Deledda, Alfonso Ciampolillo, Luigi Di Marzio, Fabio Di Micco, Mario Michele Giarrusso. La senatrice Bogo Deledda è da tempo assente per motivi di salute e, fanno sapere fonti interne al Movimento, non sarà oggetto di provvedimento disciplinare. Solo oggi a Montecitorio il deputato Santi Cappellani, tra coloro che non restituivano la parte dovuta delle indennità, ha deciso di passare al Misto. Alla domanda del perché non si fosse adeguato al taglio dello stipendio, ha risposto che si era dimenticato la password per accedere al sistema. A fine anno era stato diffuso un ultimo avvertimento, pubblicato sul Blog delle Stelle, perché i portavoce si mettessero in regola entro il 31 dicembre, ma non tutti hanno accolto l’invito.

Non mancano le contestazioni. Da giorni i morosi, in particolare chi ha deciso di esporsi, rivendicano la decisione di non restituire lo stipendio protestando sul fatto che la procedura “non sarebbe abbastanza trasparente”. Sotto accusa soprattutto il fatto che dal 2019 il conto per le restituzioni sia intestato al “comitato per le rendicontazioni di stipendio e restituzioni” composto da Luigi Di Maio e agli ex capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli. “Gli ex saranno sostituiti a breve con i nuovi capigruppo”, garantiscono fonti interne. Ma questo non basterà a placare le polemiche.

Il caso dei mancati rimborsi è stato riaperto dopo le dimissioni dell’ex ministro all’Istruzione Lorenzo Fioramonti a fine dicembre scorso, anche lui tra i morosi da circa un anno. Si è così riaperto il dibattito anche dentro i 5 stelle sulle procedure con il senatore Gianluigi Paragone, che, in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook, ha elencato tutti i parlamentari che non pagavano. Ma i problemi in casa M5s non si limitano al taglio delle indennità. Lo stesso Paragone è stata espulso a inizio anno, ma per aver votato contro la legge di Bilancio. Il giornalista ha annunciato che farà ricorso e tra le sue contestazioni c’è il fatto che la deputata Fabiana Dadone “è incompatibile: non puoi – ha ripetuto nei giorni scorsi il senatore – essere nel collegio dei probiviri ed essere anche ministro”.

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