4 gennaio 2020 - 08:47

Di Battista dopo l’espulsione di Paragone va in Iran: «Mi farò sentire ancora»

L’ex parlamentare non ha intenzione di obbedire agli ordini del vertici del Movimento. I fronti: dalla difesa dell’espulso Paragone alle contestazioni al Conte II, fino al rapporto conflittuale con Luigi Di Maio

di Monica Guerzoni

Di Battista dopo l'espulsione di Paragone va in Iran: «Mi farò sentire ancora»
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Non solo amici, ma fratelli. Per anni gli spin doctor del Movimento li hanno raccontati così. Inseparabili, come i pappagallini tropicali. Poi Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista sono diventati, nelle cronache parlamentari, prima i «gemelli diversi» e poi i «fratelli coltelli». Fino ad agosto, quando il vento torrido della crisi di governo pareva averli riavvicinati. Si disse che fossero pronti a tornare in piazza a braccetto, si scrisse che «Alessandro» aveva ottenuto da «Luigi» carta bianca per muoversi in assoluta autonomia.

Poi è nato il governo giallorosso. Di Battista (che tifava per la pacificazione con Salvini) è rimasto fuori e l’eterna disfida tra i Dioscuri stellati è ripartita sottotraccia. Finché, due giorni fa, ecco che il «guerriero» delle origini movimentiste sgancia la bomba, dichiara via webil suo appoggio incondizionato all’espulso Gianluigi Paragone e riapre il duello con il capo politico. «Alessandro ha evocato la scissione e di fatto si è messo fuori, segno che punta a far saltare il governo — si sfogano i parlamentari vicini a Di Maio — Vuole far male al Movimento». L’ordine del ministro degli Esteri è ignorarlo. Ma per quanto il leader fa sapere che se lo aspettava, il tradimento dell’amico di un tempo brucia, aggiunge caos al caos e rende plasticamente evidente la scomposizione dei 5 Stelle. Chi crede nel capo politico e tifa per il Conte bis, spera che Di Battista si penta e faccia pubblica ammenda. Ma non succederà. L’ex deputato ha confidato agli amici che continuerà a sostenere Paragone e le sue tesi sovraniste: «Difendo un amico del quale condivido le idee politiche».

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Luigi Acunzo

E anche se sta facendo i bagagli per l’Iran, dove resterà per diverse settimane, non pare intenzionato ad arrendersi ai diktat dei vertici: «Io non abbozzo, anche da fuori continuerò a farmi sentire e a criticare, quando serve». Pioveranno post, insomma. E non sempre saranno cartoline affettuose. Un assaggio Di Battista lo ha dato ieri, quando è intervenuto sul «raid vigliacco» che ha ucciso il generale iraniano Qassam Soleimani suggerendo al governo italiano (e quindi a Di Maio) come muoversi sul terreno minato di Baghdad. «Voleva andarci lui alla Farnesina — ricordano i fedelissimi del “capo” — Ora scalpita, morde il freno e spera di tornare in gioco logorando il Movimento e il governo». Tanta acredine, Di Maio non se l’aspettava. Prova ne sia l’affettuoso cuoricino rosso con cui la fidanzata del ministro, Virginia Saba, il 20 dicembre commentava su Facebook il documentario di Di Battista dal Centroamerica.

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Gianluigi Paragone

In pochi giorni è cambiato tutto. Ora nel giro ristretto di Di Maio la sola idea che «Ale» possa essere ricandidato appare lunare. «Luigi è rimasto malissimo — conferma un esponente del governo —. Come si fa a schierarsi con Paragone, che ha definito Di Maio “il nulla”?». E dire che il capo politico aveva persino pensato di chiamarlo tra i «facilitatori»... I parlamentari governativi sono furibondi e spargono veleno. C’è chi pensa a una vendetta di Di Battista, che avrebbe preso come «uno schiaffo» il non essere riuscito a evitare l’espulsione dell’amico. C’è chi assicura che «Casaleggio e Grillo sono neri». E chi teme che l’«eretico» e l’ex deputato lavorino alla scissione. «Ma certo — ironizza un senatore — Si chiamerà la Cosa fascioleghista».

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