4 gennaio 2020 - 09:03

Uno Bianca, Alberto Savi in permesso per Natale

L’ex killer ha lasciato per qualche giorno il carcere di Padova dove è detenuto per andare a casa della compagna. L’associazione dei familiari delle vittime: amarezza

di Andreina Baccaro

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Ventinove anni dopo la strage del Pilastro, per il più giovane dei fratelli della banda della Uno Bianca, Alberto Savi, è arrivato il momento di trascorrere il primo Natale in famiglia, fuori dal carcere di Padova, dove sta scontando la pena dell’ergastolo. Alberto Savi, oggi 54enne, ex poliziotto del commissariato di Rimini, ha potuto usufruire di un permesso premio di qualche giorno durante le feste natalizie, trascorso a casa della nuova compagna a Padova, conosciuta lavorando per una cooperativa in carcere. Anche il più giovane dei tre fratelli Savi, insieme a Roberto e Fabio, il 4 gennaio del 1991 si macchiò del brutale omicidio di tre carabinieri in servizio al Pilastro, dove questa mattina si terrà la cerimonia di commemorazione per Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini. Tra il 1987 e l’autunno del 1994 la banda seminò terrore e morte in Emilia-Romagna, ammazzando 24 persone e ferendone più di 100 nel corso di rapine e agguati. Non è la prima volta che l’ex poliziotto esce dal carcere: il primo permesso era arrivato nel 2017. Da allora usufruisce regolarmente di permessi premio e, dopo quasi 26 anni in prigione, avrebbe maturato i requisiti per chiedere la semilibertà o la libertà condizionata. «Ma non abbiamo proposto ancora alcuna istanza — assicura il suo legale Anna Maria Marin —, non è ancora arrivato il momento». Il fratello Fabio, invece, sempre all’ergastolo ma nel carcere milanese di Bollate, aveva chiesto al Tribunale di sorveglianza di poter svolgere attività lavorativa in carcere, ma la sua istanza è stata respinta un mese fa. «Sta seguendo dei corsi in carcere» ha spiegato il suo legale, Fortunata Coppelli. Valutazioni del tutto opposte quelle dei magistrati di sorveglianza nei confronti di Alberto, considerato «il più debole» dai fratelli e unico ad aver ottenuto i benefici, che in questi anni ha intrapreso un percorso di giustizia riparativa, incontrando anche una vittima.

Alberto Savi, il più giovane dei fratelli della banda della Uno Bianca (archivio)
Alberto Savi, il più giovane dei fratelli della banda della Uno Bianca (archivio)

I familiari delle vittime

Non c’è pace invece per i familiari delle vittime della Uno Bianca, da sempre contrari ai benefici di legge. «La nostra è una battaglia contro i mulini a vento — ha detto Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione dei familiari e delle vittime —. Sono convinta che non siano pentiti, alcuni feriti ancora mi chiamano per dirmi che hanno paura di poterli incontrare per strada». Marino Occhipinti, anche lui ex componente della banda ed ex poliziotto della Squadra mobile di Bologna, dopo un lungo periodo in semilibertà, è tornato libero nel luglio 2018, grazie alla libertà condizionata e dopo un percorso di ravvedimento personale. Rosanna Zecchi, moglie di Primo, trucidato in strada perché era riuscito ad annotare la targa della Uno bianca, si dice «amareggiata, ma non meravigliata» dal nuovo permesso concesso ad Alberto Savi. «Per gli assassini non dovrebbero esserci, la giustizia dov’è?». La legale di Alberto Savi, Anna Maria Marin, fa sapere che «non ha mai chiesto di tornare a Bologna, ha trascorso i suoi permessi sempre a Padova in casa della compagna», anche se sotto le Due Torri vive ancora suo figlio con cui ha riallacciato i rapporti diversi anni dopo l’arresto.

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