NEW YORK. L'ayatollah Ali Khamenei annuncia ritorsioni durissime agli Stati Uniti, il segretario di Stato Mike Pompeo afferma che il la decisione di Donald Trump ha salvato le vite, mentre per l’Europa e la Farnesina gli sviluppi sono preoccupanti e il rischio è un’escalation che sfugga di mano. È questo il quadro della situazione a dodici ore dall’uccisione del potente capo militare iraniano Qassem Soleimani, un raid ordinato dal presidente Trump in persona per impedire azioni ostili da parte delle formazioni filo-iraniani in Iraq e nella regione dopo il precipitare degli eventi che si era registrato tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020.

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«Vogliamo che il popolo americano e il mondo sappiano e capiscano che l'intelligence ci ha consentito di sventare una minaccia specifica e reale - afferma Mike Pompeo -. Ecco perché la decisione di agire ora il rischio di non fare nulla era enorme». Il segretario di Stato, in una serie di Tweet, afferma che gli Usa restano "impegnati alla de-escalation" dopo l'uccisione del comandante iraniano Qasem Soleimani in un attacco americano. E ha riferito dei aver parlato con rappresentanti di Cina, Gran Bretagna e Germania sul blitz in Iraq. A scaldare gli animi ci pensa però Trump in persona che una serie di tweet notturni: «L'Iran non ha mai vinto una guerra, ma non ha mai perso un negoziato!». Ha giustificato il raid spiegando che il generale iraniano «ha ucciso o ferito gravemente migliaia di americani per un lungo periodo, e stava pianificando di ucciderne molti altri... ma è stato preso! Era direttamente e indirettamente responsabile della morte di milioni di persone, incluso il recente elevato numero di manifestanti uccisi in Iran». Il presidente americano ha anche azzardato che «l'Iran non lo ammetterà mai, ma Soleimani era odiato e temuto nel Paese. (In Iran) non sono addolorati come fanno credere. Avrebbe dovuto essere ucciso molti anni fa».

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Un modo per alzare il tiro sulla leadership di Teheran che non lesina minacce di ritorsioni. La guida suprema iraniana Ali Khamenei ha chiesto tre giorni di lutto nel Paese affermando che l'uccisione del generale Qassem Soleimani raddoppierà la motivazione della resistenza contro gli Stati Uniti e Israele. «Il lavoro e il cammino del generale - prosegue - non si fermeranno e una dura vendetta attende i criminali, le cui mani nefaste sono insanguinate con il sangue di Soleimani e altri martiri dell'attacco della notte scorsa». «Gli iraniani e altre nazioni libere del mondo si vendicheranno senza dubbio contro gli Usa criminali per l'uccisione del generale Qassen Soleimani. Trump prepara le bare», ha detto il presidente iraniano Hassan Rohani. Mentre il ministro egli Esteri Javad Zarif parla di «atto di terrorismo internazionale degli Stati Uniti con l'assassinio del generale, la forza più efficace nel combattere il Daesh, Al Nusrah e Al Qaida, è estremamente pericolosa e una folle escalation. Gli Usa si assumeranno la responsabilità di questo avventurismo disonesto».

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«Non abbiamo ucciso Soilemani per un cambio di regime o per iniziare la guerra. Ma siamo pronti a qualunque risposta sia necessaria» replica Donald Trump, sottolineando come «il futuro dell'Iran appartiene al popolo che vuole la pace, non ai terroristi». Dal Pentagono intanto trapela come stanno per arrivare in Medio Oriente, tra Iraq e Kuwait, altri 3.000-3.500 soldati. Un cambio di rotta drammatico rispetto alla linea del disimpegno finora sostenuta con forza dal presidente Usa.

Intanto le minacce iraniane preoccupano tutti e spingono a partire dagli stessi americani. L'ambasciata Usa a Baghdad sollecita i cittadini americani a «lasciare l'Iraq immediatamente. I cittadini americani partano per via aerea dove possibile, altrimenti raggiungano altri paesi via terra». Mentre le compagnie petrolifere straniere presenti nella regione irachena di Bassora, vicino al confine con l'Iran, hanno ordinato l'evacuazione di decine di loro dipendenti. «Al momento, le attività a Zubair procedono regolarmente. Continuiamo a monitorare molto attentamente l'evolversi della situazione nel Paese». Lo riferisce un portavoce dell'Eni, che in Iraq è attiva nel giacimento di Zubair, situato nelle vicinanze della città di Bassora. Mentre sui mercati è già grande fermento con il prezzo del petrolio  che ha registrato un iniziale rimbalzo del 4% in Asia per poi riassestarsi verso il basso. Chiusura in forte ribasso per Wall Street, a causa delle tensioni internazionali. L'indice Dow Jones termina la seduta in calo dello 0,82% a 28.632,78 punti, il Nasdaq  va giù dello 0,79% a 9.020,77. In caduta libera anche lo S&P500, dello 0,71% a 3.234,78 punti.

Il capo dei Pasdaran
Soleimani era una figura di spicco dell’Iran, molto vicino alla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, e considerato da alcuni il potenziale futuro leader del Paese. Era inoltre colui a cui facevano capo i Pasdaran, i guardiani della rivoluzione khomeinista e il suo braccio estero Al Quds. Ed era inoltre la fuga chiave attorno a cu gravitavano tutte le formazioni sciite filo-iraniane che operano nella regione. A partire dalle Unità di mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi), la coalizione di milizie paramilitari sciite pro-iraniane attive in Iraq e protagonista di una escalation di tensioni e scontri con le forze Usa culminate con l’assedio all’ambasciata americana di Baghdad del 31 dicembre. I manifestanti hanno protestato contro il raid Usa sulle basi di Kataib Hezbollah, nei pressi del valico di al Qaim, a cavallo del confine con la Siria, che ha provocato la morte di almeno 25 combattenti e 55 feriti, come ritorsione all’attacco alla base di Kirkuk di venerdì scorso in cui è rimasto ucciso un contractor americano e ferite alcuni militari Usa.

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Eventi dinanzi ai quali gli Stati Uniti si aspettano ulteriori attacchi come afferma il segretario alla difesa Mark Esper che lancia un chiaro avvertimento: «Se accadrà se ne pentiranno, noi siamo pronti a difenderci e a impedire ulteriori azioni da parte di questi gruppi guidati dall’Iran». Elemento questo che ha spinto gli stati Uniti a compiere il raid condotto - secondo indiscrezioni - con un drone (e sembra con l’ausilio di un elciottero) e ordinato da Trump in persona. E che rischia di far salire la già alta tensione fra Stati Uniti e Iran, ma anche in tutto il Medio Oriente. La reazione iraniana è immediata, con Teheran che fa sapere che ci saranno ritorsioni. «Il generale Soleimani stava mettendo a punto attacchi contro diplomatici americani e personale in servizio in Iraq e nell'area», afferma il Pentagono confermano il raid e assumendosene la responsabilità.

«Il generale Soleimani e le sue forze Quds sono responsabili della morte di centinaia di americani e del ferimento di altri migliaia», aggiunge il Pentagono. Il raid punta a essere un «deterrente per futuri piani di attacco dell'Iran. Gli Stati Uniti continueranno a prendere tutte le azioni necessarie per tutelare la nostra gente e i nostri interessi del mondo», mette in evidenza il Dipartimento della Difesa. Trump, avvolto nel silenzio, si è limitato a twittare una foto della bandiera americana prima che il ministero della Difesa uscisse alla scoperto. 

La dinamica dell’attacco
Quando ieri notte la televisione irachena ha annunciato la morte del generale Soleimani si è iniziato a immaginare che gli Stati Uniti potessero essere dietro al raid, nel quale ha perso la vita anche Abu Mahdi al-Muhandis, il numero due delle Forze di mobilitazione Popolare, un altro esponente di spicco di Hezbollah in Libano Muhammad al-Kawtharani e il responsabile delle relazioni pubbliche delle forze pro-Iran, Mohammed Ridha, uno dei più alti in grado nell'organizzazione. Secondo le ricostruzioni iniziali, Soleimani e Ridha erano da poco atterrati all'aeroporto internazionale di Baghdad ed entrati in una delle due auto che li attendeva quando l'attacco è stato sferrato.

Mike Pompeo su Twitter dopo il raid Usa: gli iracheni danzano nelle strade

L'attacco è seguito al lancio di tre razzi all'aeroporto che non causato alcun ferito. La mobilitazione sciita è generale nella regione: Il leader Moqtada Sadr ha dato oggi l'ordine ai suoi combattenti di «tenersi pronti», riattivando così la sua milizia ufficialmente dissolta da quasi un decennio e che aveva seminato il terrore tra le fila dei soldati americani in Iraq. Israele ha elevato lo stato di allerta, non è da escludersi una reazione degli Hezbollah libanesi se giungessero alla conclusione che Israele ha avuto un ruolo nella sua eliminazione. Il capo dell'Hezbollah, Seyed Hassan Nasrallah, ha promesso vendetta per l'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani in un attacco americano a Baghdad.

«Infliggere la giusta punizione a questi criminali assassini sarà la responsabilità e il compito di tutti i combattenti della resistenza nel mondo», ha affermato Nasrallah in un comunicato citato dai media libanesi. «Noi che siamo stati al suo fianco – aggiunge il capo del Partito di Dio sostenuto da Teheran –seguiremo le sue orme e ci batteremo giorno e notte per conseguire i suoi obiettivi». Il movimento Hamas in Palestina (seppur movimento non sciita è vicino a Teheran) invia le consigliante e si dice pronto a risposte durissime. Anche Teheran non perde tempo e nomina il generale Esmail Qaani nuovo comandante della Forza Qods dei Pasdaran dopo l'uccisione del generale di cui è stato vice a lungo.

Il tweet del presidente Trump con la bandiera americana sul proprio profilo social dopo la morte del generale iraniano Soleimani

 

L'uccisione di Soleimani rischia di avere ripercussioni profonde nei rapporti tesi fra Washington e Teheran, in Medio Oriente ma anche negli Stati Uniti, Trump non h avvertito il Congresso dell’attacco causando le critiche di alcuni avversari politici, mentre sulla sponda repubblicana si esulta per l’operazione. A livello internazionale Ue, Nato e le cancellerie europee esprimono forte preoccupazione per una escalation che rischia di trascinare la situazioni su lidi bellici insostenibili. «L'Italia lancia un forte appello perché si agisca con moderazione e responsabilità, mantenendo aperti canali di dialogo, evitando atti che possono avere gravi conseguenze sull'intera regione – spiega la Farnesina –. Nessuno sforzo deve essere risparmiato per assicurare la de-escalation e la stabilità».

In Israele consultazioni al ministero della Difesa
Il ministro della Difesa israeliano Naftali Bennett ha convocato stamane consultazioni nel ministero per esaminare, assieme con il capo di Stato maggiore generale Aviv Kochavi, le ripercussioni regionali e nei confronti di Israele dell’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani. Secondo l'intelligence israeliana Soleimani aveva avuto un ruolo di primo piano nel progressivo potenziamento militare degli Hezbollah libanesi e delle ali militari di Hamas e della Jihad islamica a Gaza, nonché nella penetrazione militare iraniana in Siria. Fonti del ministero degli Esteri e della Difesa israeliani hanno intanto annunciato l'innalzamento dello stato di allerta per le proprie delegazioni all'estero. Il livello di sicurezza è stato rafforzato per le delegazioni israeliane nelle «regioni sensibili».

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