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Asimov, 100 anni fa nasceva lo scrittore che «inventò» l’intelligenza artificiale

Autore di «Io Robot» e ideatore delle tre leggi della robotica, il romanziere di origine russa ha immaginato innumerevoli mondi. Che oggi frequentiamo

di Giorgio Metta*

Dopo leggi di Asimov, prime'regole di vita' con i robot

3' di lettura

Non è affare semplice commentare il lavoro di Isaac Asimov a cento anni dalla nascita e a settanta anni di distanza dai suoi scritti di fantascienza più emozionanti. Seppe creare, da autore prolifico quale era, suggestioni incredibili, mondi e storie forse a volte semplici, ma con un respiro temporale e spaziale immenso – la galassia e la storia dell’uomo nei millenni. Sono sicuro – perché mi includo tra questi – che le storie di Asimov hanno saputo accendere la fantasia di tantissimi giovani, forse avvicinandoli attraverso la lettura delle sue storie al mondo più reale della scienza.

E il futuro immaginato diventò presente
In maniera assai profonda, penso anche che ci abbia abituato a pensare all’interazione tra la tecnologia e l’uomo. Immaginò società future complesse – in alcuni casi distopiche come quella del pianeta Solaria – proprio per l’introduzione massiccia di inservienti robotici tuttofare. Una sorta di alienazione causata dalla tecnologia che forse avvertiamo, mutatis mutandis, anche nell’era della comunicazione digitale. Non dimentichiamoci che parliamo di un autore che pur nella possibilità offerta dalla scrittura di andare oltre alla realtà scientifica, ci parlava sempre con un linguaggio derivato dalla scienza.

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La nascita della robotica
Lui stesso in effetti era uno scienziato. Coniò la parola «robotica» che è poi diventata di uso comune per definire una branca dell’ingegneria, ma seppe anche coniugare diverse discipline, la qual cosa è oggi di fondamentale importanza nella ricerca scientifica. Le sue «tre leggi della robotica» sono l’esempio principe di questa multi-disciplinarietà dato che combinano l’ingegneria della robotica con le scienze sociali e cognitive. Creò, forse senza saperlo, quella che oggi studiamo nei nostri laboratori e prende il nome di «interazione uomo-macchina».

Il senso delle «tre leggi»
Le tre leggi, ancorché di origine fantastica, rimangono qualcosa con la quale confrontarsi quando immaginiamo l’impatto dell’automazione nella società. Asimov mise da subito l’uomo al centro. Questo è quello che facciamo ogni giorno quando immaginiamo la robotica «vera». La robotica ci aiuta in fabbrica per fare meno fatica (e quindi ridurre gli infortuni), nell’ospedale per una chirurgia più sicura e accurata, nella riabilitazione post-trauma aiutando il lavoro dei fisioterapisti. Con la robotica realizziamo protesi o esoscheletri per recuperare il movimento perduto e immaginiamo che un giorno gli assistenti robot aiuteranno a supportare una qualità della vita elevata di una popolazione che invecchia. I suoi robot, quasi umani, ancora non li abbiamo soprattutto perché l’intelligenza artificiale necessaria non è così semplice da realizzare come ci eravamo immaginati nel 1956 (quando fu coniata la parola stessa intelligenza artificiale). L’ultima decade che ha visto il progresso dell’intelligenza artificiale sotto la spinta di una capacità di calcolo sempre maggiore ci dovrebbe lasciare ben sperare in questo senso.

Perché il lavoro umano è insostituibile
Asimov con le sue tre leggi aveva definito una modalità di interazione della tecnologia robotica intelligente che lui stesso aveva inventato. Dobbiamo forse porci la stessa domanda per la tecnologia che stiamo realizzando? Credo che il discorso sia quantomeno appropriato ed è necessario farlo proprio per evitare la paura di quello che non conosciamo. Gli scienziati e ricercatori dovrebbero essere i principali attori di questo messaggio, anche perché robotica e intelligenza artificiale viste dall’interno non fanno proprio nessuna paura. L’intelligenza artificiale è solo un insieme di algoritmi e nulla a che vedere con l’intelligenza umana. La robotica non è nulla di diverso da quello che abbiamo ormai da anni nelle fabbriche. Forse vogliamo chiederci se tutta questa automazione lascerà l’uomo senza un lavoro. Penso di no per due ragioni: la prima è che vorremmo tutti lavorare meno e produrre nello stesso modo e quindi la robotica intelligente ci serve; la seconda è che stiamo diventando una società longeva ma anziana, per cui ci mancheranno le braccia per fare quello che facciamo ora.

C’era una volta il mondo senza robot
Robotica e intelligenza artificiale sono anche una grossa nuova possibilità per affrontare le sfide della nostra società dei prossimi decenni: reti energetiche ottimizzate, produzione sostenibile, agricoltura di precisione, salute per fare quale esempio. In questo senso, dobbiamo essere ottimisti come lo era stato Asimov. I robot sono dei nuovi elettrodomestici.
Mi piace speso citare una delle storie di Io robot nella quale Asimov ci mette di fronte a una conversazione casuale tra due persone dove un signore evidentemente più anziano dice a un trentaduenne: «Allora non hai mai conosciuto il mondo senza i robot». Questa familiarità con la tecnologia del futuro mi ricorda tanto la conversazione che potrei avere io con mio figlio oggi: «Allora non hai mai conosciuto un mondo senza Internet».

*Giorgio Metta è direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia

Per approfondire:
La lungimiranza di Isaac Asimov
Malattie professionali: arriva Mate, l’esoscheletro per la prevenzione
L’uso dell’intelligenza artificiale va regolato

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