Colpo di scena: la Cassazione nella sua composizione più solenne, a sezioni penali unite, ha deciso che non è reato coltivarsi in casa la cannabis, purché sia in minima quantità e per stretto uso personale. Chi la coltivasse in forma più estesa per cederla, anche gratuitamente, continuerà a commettere un reato.

Questi i paletti della Cassazione: «Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».

Decisione coraggiosa, non c’è dubbio. La Cassazione ha infatti riconosciuto che il bene giuridico della salute pubblica non è pregiudicato dal singolo che decide di coltivare per sé qualche piantina di marijuana. E così la giurisprudenza non fa altro che riconoscere lo spirito dei tempi: i kit per la coltivazione dei semi di cannabis sul balcone di casa ormai sono diffusissimi, si comprano perfino su internet, anche se ciò era del tutto illegale.

La Corte costituzionale, per dire, interpellata sul punto, ha sempre sposato una linea rigorosa: la coltivazione di cannabis è sempre stato considerato dai giudici costituzionali un reato a prescindere dal numero di piantine e anche se la coltivazione era per uso personale.

Vietare la cannabis light? Ecco perché non c'è da preoccuparsi

Con questa decisione, invece, la Cassazione, pur ribadendo che è reato la coltivazione, ha aperto la porta all’autoproduzione qualora «le attività di coltivazione di minime dimensioni, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti» siano chiari indici di un uso personale del coltivatore.

Si supera così un’anomalia italiana: non era reato acquistare e consumare la cannabis per uso personale, ma era severamente vietato autoprodursi la medesima sostanza e nelle medesime quantità.

Manovra, stop a cannabis light: in aula è bagarre. La Russa a senatore 5 Stelle: "Drogato!"

I primi ad accorgersi della sentenza sono stati quei politici che da sempre spingono per la liberalizzazione della cannabis. Il radicale Riccardo Magi, ad esempio: «La Cassazione ha fatto valere il buon senso e la logica con l'equiparazione della coltivazione per uso personale al consumo, ora tocca al Parlamento». Oppure Benedetto Della Vedova: «Si rompe un tabù. Ora andiamo avanti: con la cannabis legale avremmo più sicurezza e miliardi per lo Stato sottratti alla criminalità».

Il senatore grillino Matteo Mantero da tempo ha presentato un ddl per la liberalizzazione e ha passato brutti momenti ai tempi dell’alleanza con Salvini. Ora dice: «Ancora una volta la giurisprudenza fa le veci di un legislatore vigliacco.

Si mette fine alla stortura tutta italiana di una legge che consegnava il mercato monopolista delle droghe leggere nelle mani della mafia».

Cannabis light, tra negozi chiusi o mezzi vuoti, il titolare: "La camorra sta brindando"

Conclusioni lapidarie di Nicola Fratoianni, di Sinistra italiana-LeU: «La verità è che prima o poi in Italia bisognerà legalizzare l'uso della cannabis. Ce lo dice l'esperienza di quei Paesi che lo hanno fatto in questi anni, ce lo dice la cattiva esperienza di chi continua ad agitare argomenti inutili e pericolosi».

Twitter@FGrignetti

Cannabis, la risposta dell'esperto a Salvini: "Nessun morto nella storia dell'umanità"

I commenti dei lettori