TORINO. Emilio parla a voce bassa. Prima di dire qualcosa, tutto assorto, riflette. Ogni tanto si blocca: prova a trattenere le lacrime.

Per lui e la moglie Rossella, d’altra parte, sono giorni carichi di emozioni. Domani, dopo 20 anni passati a fare il custode al Collegio Universitario Renato Einaudi di corso Lione, sezione Crocetta, andrà in pensione. Per due decadi il suo mondo è stato dentro questo gabbiotto, circondato da centinaia di chiavi appese a un grosso pannello. Sono quelle delle stanze degli ospiti dello studentato a due passi dal Politecnico. «Li ho sempre considerati tutti come figli» confessa Emilio Giunta, siciliano, classe 1952, nato a San Cataldo, provincia di Caltanissetta.

La scorsa settimana studenti ed ex collegiali gli hanno organizzato una festa a sorpresa, proprio come avrebbero fatto dei figlioli amorevoli «e sempre rispettosi». «Sono arrivati anche dall’America, Los Angeles, apposta per salutarmi» racconta il custode ancora incredulo. «Questo ragazzo, oggi uomo, si è presentato qui con la moglie afroamericana, davvero una bella signora, e il loro piccolo bimbo. Sa come lo hanno chiamato? Salvatore. È stato un momento bellissimo».

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Emilio ripercorre i suoi anni trascorsi tra gli ospiti delle 183 stanze dello collegio e la moglie lo guarda. Lei, racconta, ha avuto un ruolo cruciale nell’arrivo di Emilio al Collegio Einaudi. «Rossella era lava scale nel condominio dove viveva il dottor Irzio Montervini, storico direttore del collegio. Io invece lavoravo sulla tangenziale, nell’area di servizio di Nichelino Sud. Siccome avevamo un bimbo piccolo e problemi di spazio, quando si prospettò l’occasione di trasferirci in corso Lione come custodi non esitammo ad accettare. La mia vita, da quel giorno, è stata qui. Ho ricevuto un amore incredibile dai ragazzi, li ho visti crescere, ne ho visti moltissimi entrare con i capelli e uscire calvi per lo stress dell’università». Altri, prosegue, «si sono laureati con i capelli bianchi: il Politecnico è un ambiente molto competitivo. Per questo è importante che ricevano un po’ d’affetto una volta giunti a Torino, soprattutto se arrivano dal Sud. Io che sono meridionale so cosa significa».

In 20 anni di carriera Emilio ha consegnato migliaia di chiavi, ricevuto e donato migliaia di sorrisi. Ora che la pensione è dietro l’angolo è il tempo per i bilanci. In questo periodo sta formando un nuovo custode «così il mio addio al Collegio sarà graduale. Meglio così, anche perché inizio già a sentirne la mancanza». La festa di domenica, aggiunge, «è stata una sbronza». «Ma non di alcolici, di emozioni» si premura di specificare.

Poi il suo racconto si arresta di botto. «Coraggio Emilio - lo rincuora Rossella - non piangere». Mentre il marito si rifugia dietro il pannello porta chiavi per riprendersi dalla commozione, la moglie confida: «Lo vede? Non sarà semplice rinunciare a tutto questo, il suo mondo in mezzo ai ragazzi». —

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